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Diabete, primo trapianto cellule pancreatiche biotech

E’ stato eseguito per la prima volta dagli scienziati dell’Università di Miami un trapianto di cellule pancreatiche biotech. Si tratta di un immenso passo in avanti nella creazione di un organo “bionico” per coloro ammalati di diabete.

 

Riuscire nella sua creazione renderebbe possibile dare una possibilità di vita normale a chi soffre di diabete di tipo 1 e necessita di iniezioni di insulina per far funzionare il proprio pancreas. Alla ricerca che ha portato a questo intervento unico nel suo genere hanno collaborato anche gli esperti del San Raffaele e dell’Ospedale Niguarda.

Il trapianto di isole pancreatiche biotech è parte di uno studio pilota approvato dalla FDA statunitense sotto specifiche regole. Esso prevede un regime immunosoppressivo e sarà limitato nel numero. L’impalcatura utilizzata per le cellule soprascritte è di tipo biodegradabile ed è stata ottenuta unendo la trombina, un enzima, al plasma del paziente. Legando le due sostanze formano un gel che si attacca all’omento e fa in modo tale che le isole pancreatiche rimangano in sede. Il gel man mano viene assorbito dall’organismo e vengono a formarsi nuovi vasi sanguigni che irrorano le cellule con nutrienti ed ossigeno, rendendo così possibile la loro sopravvivenza.

Il diabete di tipo 1, distrugge le isole pancreatiche tradizionali attraverso il sistema immunitario. Per evitare questo le cellule vengono di solito impiantate nel fegato dove però scatta una reazione infiammatoria che le danneggia rendendo inutile l’intervento. Utilizzando questa nuova tecnica e le cellule modificate si spera di raggiungere un risultato ben differente. Come spiega il prof. Camillo Ricordi, tra i ricercatori che hanno eseguito il trapianto:

Questo è il primo caso in cui le isole sono state trapiantate con tecniche di ingegneria tissutale all’interno di una impalcatura biologica e riassorbibile sulla superficie dell’omento, tessuto che riveste gli organi addominali. Il sito è accessibile con la chirurgia minimamente invasiva ha lo stesso apporto di sangue e permette di minimizzare la reazione infiammatoria e quindi il danno alle isole trapiantate.

Sarà interessante comprendere gli effetti del trapianto sul lungo termine.

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