Riuscire a diagnosticare l’Alzheimer tre anni prima della sua manifestazione non è come trovare una cura per guarirne, ma di certo potrebbe aiutare a guadagnare tempo sulla sua progressione. Un gruppo di ricercatori della Georgetown di Washington hanno messo a punto un test in grado di fare proprio questo.
La sua validità comprovata dalle sperimentazioni è valida nel 90% dei casi secondo quanto hanno illustrato in un articolo pubblicato sulla rivista di settore Nature Medicine. E si baserebbe sull’analisi di 10 tipi diversi di grassi nel sangue. Ovviamente questi risultati dovranno essere confermati sul lungo periodo e con altre sperimentazioni, ma si tratta ad ogni modo di un grande passo avanti nello studio di questa malattia. Non dobbiamo dimenticare che l’Alzheimer è una malattia neurologica degenerativa molto seria che con il passare degli anni sta diventando un vero dilemma per la ricerca medica stessa.
Ed al momento l’unica strada veramente praticabile è quella della diagnosi precoce e della prevenzione. Anche perché a livello terapeutico sono disponibili solo dei farmaci in grado di rallentare il progredire della sintomatologia e non della malattia. Si può tentare di tenere sotto controllo il deficit dell’attenzione con rivagstimina o galantamina e quello cognitivo con la memantina. Ma non molto altro. Gli acidi grassi chiamati ad agire sul cervello sono un altro approccio ancora, ma totalmente a carico del paziente rispetto agli altri medicinali.
La speranza degli esperti è quello di unire la diagnosi precoce ad una terapia in grado di contrastare la malattia nelle fasi iniziali quando ancora non è evidente e questo è possibile farlo solo se si ha la possibilità di testare i farmaci in quel momento. Ed è qui che questo test entra in gioco. Senza contare che non è invasivo trattandosi di un’analisi del sangue. Certo, tutto questo potrebbe chiamare in causa anche un problema etico relativo alle sperimentazioni di nuovi farmaci, ma è inutile pensarci ora.
Fonte | Nature Medicine
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