Ebbene si, nel nostro dna è segnata tutta la nostra struttura biologica, in pratica la nostra esistenza, compresa la sua durata. Lo sapevamo da tempo, ma ancora non era stato identificato alcun gene predisponente la longevità, sembrava un’impresa impossibile scovarlo, ma così non sembra essere stato. Ad individuarlo sarebbero stati alcuni scienziati dell’Università la Sapienza di Roma, guidati dal professor Marcello Arca del dipartimento di Medicina Interna e Specialità Medica. La ricerca è stata condotta attraverso uno screening genetico e clinico sulla popolazione di Campodimele, un piccolo paese a sud di Roma, a 150 km, in provincia di Latina, noto proprio per la longevità dei suoi abitanti (molti ultracentenari) abbinata a valori estremamente bassi di colesterolemia totale e LDL, il cosiddetto colesterolo cattivo.
Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità, con il progetto MONICA (MONItoring CArdiovascualr disease iniziato nei primi anni 80) aveva puntato l’attenzione su questo paesino, di persone non solo longeve, ma anche in ottime condizioni di salute: il tutto era stato ricondotto allo stile di vita sano, all’alimentazione e alle acque pure, ma l’individuazione anche di un nutrito gruppo di abitanti con valori bassi di colesterolo aveva indotto a pensare anche ad una componente genetica. Da qui lo studio dell’università La Sapienza i cui risultati sono stati pubblicati sul Journal Clinical Endocrinology and Metabolism. Ma cosa è stato scoperto di preciso?
Una mutazione nel gene che sintetizza la proteina Angptl3 responsabile del rallentamento dell’eliminazione delle lipoproteine che trasportano il colesterolo e i trigliceridi nel sangue. Traducendo, la mancanza o la mutazione di questa proteina, ne elimina gli effetti negativi di accumulo di colesterolo nel sangue. I soggetti portatori di questa anomalia (scovati tra gli abitanti e familiari di Campodimele) hanno bassi valori di colesterolo ed un’alta protezione dalle malattie ischemiche correlate a diabete ed aterosclerosi. Ha spiegato il professor Arca:
“L’esistenza di persone che sono totalmente prive della proteina Angptl3 e che al contempo godono di buona salute ci fa chiaramente ipotizzare lo sviluppo di farmaci diretti contro questa molecola per proteggere i pazienti a rischio di aterosclerosi”.