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Malaria, vaccino efficace nei prossimi cinque anni?

Un vaccino efficace contro tutti i ceppi di malaria? Potrebbe arrivare prima di quel che ci saremmo aspettati solo qualche mese fa. Un gruppo di ricercatori australiani della Griffith University sostengono infatti di aver creato un composto efficace su modello animale pronto per essere sperimentato sull’uomo.
Lo studio relativo a questo vaccino, pubblicato sulla rivista di settore Journal of Clinical Investigation fa ben sperare in tal senso dopo le tante delusioni raccolte in questo campo. La malaria, che agli inizi dello scorso secolo era endemica anche nel nostro paese, è forse la malattia virologica che più di tutte a messo a dura prova la scienza medica applicata ai vaccini. Si è provato ad eliminare i virus per via biologica e genetica creando in laboratorio delle zanzare vettore modificate e si è tentato di creare formulazioni attive che potessero evitare il contagio. Finora però i risultati raccolti sono stati molto pochi, proprio a causa dei differenti ceppi della patologia ed alla estrema capacità dell’antigene della malaria di modificare se stesso.

La ricerca australiana, condotta su modello murino e partita dal presupposto che le infezioni considerate a “bassa densità” possono indurre l’immunità al virus attraverso la formazione di anticorpi, ha dato vita ad un vaccino specifico contro la malaria utilizzando un agente patogeno “attenuato” con una particolare sostanza capace di bloccarne la moltiplicazione. Una volta somministrato ai topi è stato possibile verificare come gli stessi siano risultati immuni nei confronti della malattia per 100 giorni. Gli scienziati sono convinti che se formulato specificatamente per il ceppo che colpisce l’uomo, il loro vaccino potrebbe essere valido per immunizzare anche l’essere umano. E’ la durata il fattore chiave: le precedenti formulazioni messe a punto nel mondo presentavano una durata irrisoria e una scarsa copertura immunitaria. Questo perché si è sempre puntato ad agire contro delle singole proteine della malaria che come tali possono mutare. Spiega Micheal Good, tra i firmatari della ricerca in un comunicato:

Il problema con quell’approccio, come è apparso ogni volta, è che le proteine mutano. Una piccola differenza in una qualsiasi delle proteine è spesso sufficiente per far sì che la risposta immunitaria che riconosce un ceppo non ne riconosca altri. Poiché noi usiamo nel vaccino l’intero parassita, il nostro approccio elimina il problema.

Se l’università riuscirà a trovare volontari per i trial clinici sul breve tempo, entro cinque anni il vaccino potrebbe essere reso disponibile.

Fonte | JCI

Photo Credit | Thinkstock