La scoperta di un gene dall’azione protettiva non è mai priva di ricadute positive nella ricerca scientifica. Oggi leggiamo ad esempio che un’équipe di ricercatori afferente alla Washington University ha individuato il gene che protegge i polmoni dagli stress subiti, che si tratti di una polmonite piuttosto che di un trapianto. Questo significa aggiungere un tassello in più alla conoscenza dei meccanismi naturali di difesa e ripresa dell’organismo che potrebbe portare, tradotto in futuro in ulteriori sperimentazioni, a creare nuovi trattamenti che riducono le complicazioni ai polmoni.
Per ora, come per la maggioranza delle prime fasi di studi di questo genere, le sperimentazioni sono state compiute su topi di laboratorio, scoprendo che l’organismo delle cavie interessate da stress acuti al polmone si attivava per secernere una citochina, denominata G-Csf.
La medesima citochina era in grado di stimolare la produzione di neutrofili, neutrofili che sono positivi per l’incolumità dei tessuti perché operano contro le infezioni. Tuttavia, se presenti in quantità eccessive, possono arrivare a danneggiare gravemente i tessuti dell’organo, provocando danni irreparabili ai polmoni.
Gli scienziati si sono chiesti a questo punto quale sia il meccanismo che regola l’azione dei neutrofili, scoprendo dietro a questo indispensabile compito un gene, esattamente il bcl3.
Chi ne è privo, è sprovvisto di una forma importante di protezione dei polmoni ed appare indifeso di fronte all’attacco sproporzionato dei neutrofili in caso di infezione.
Ci spiega il dottor Andrew Gelman, uno dei principali autori dello studio, che i danni acuti ai polmoni sono un problema molto serio, assolutamente non trascurabile:
L’organo tende a riempirsi di fluidi impedendo di respirare, e al momento non ci sono farmaci per combattere questa condizione.
Sulla base di questa scoperta, i ricercatori intendono creare un farmaco che freni l’innesco della catena di reazioni, o in alternativa che agisca direttamente sul bcl3 piuttosto che sul G-Csf.
Qualora si sopprima il secondo, ad esempio, spiegano gli esperti, si otterrebbe comunque una produzione di neutrofili sufficiente a combattere l’infezione, scongiurando un’eccessiva produzione degli stessi che è quella, come abbiamo spiegato prima, che provoca danni ai tessuti polmonari.
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