Buone notizie ci arrivano dal fronte della ricerca sulla sclerosi laterale amiotrofica (Sla). Sarebbe infatti stato identificato un nuovo gene correlato allo sviluppo e alla progressione della malattia. A scoprirlo i ricercatori, italiani e americani, coinvolti in uno studio, pubblicato sulla rivista di divulgazione scientifica Neuron, e i cui risultati completi verranno diffusi ed illustrati proprio in questi giorni dagli esperti nell’ambito del Congresso mondiale sulla Sla che si svolge ad Orlando, negli Usa.
Tra i finanziatori compare anche la Federazione italiana gioco calcio (Figc), in prima linea da sempre sul fronte del sostegno alla ricerca sulla Sla per via del gran numero di calciatori che si ammalano di sclerosi laterale amiotrofica. Tornando alla scoperta, che potrebbe dare una svolta al chiarimento dei meccanismi con i quali si sviluppa la malattia, e favorire l’identificazione di una cura di successo, stando alle anticipazioni, si tratterebbe del gene VCP (Valosin Containing Protein) che si trova nel cromosoma 9.
In sintesi, quando il gene Vcp non riesce a mantenere la sua funzionalità ottimale, si verifica un accumulo di rifiuti cellulari, che si rendono responsabili a loro volta dell’intossicazione, e conseguente morte, dei neuroni motori. Le conseguenze, tristemente note, sono quelle che conducono alla paralisi. Riattivando il gene Vpc, grazie a sostanze che gli studiosi devono però ancora identificare, almeno per i casi di Sla causati da questo gene, circa il 2%, si potrebbe impedire l’accumulo cellulare e avere una speranza in più di guarigione.
Per arrivare a questa importante scoperta che aggiunge un altro fondamentale tassello ai meccanismi della Sla, è stato analizzato l’exoma, il Dna codificante che produce proteine, di un campione di famiglie, sia italiane che americane, con casi di sclerosi laterale amiotrofica. Il gene appena scoperto va ad aggiungersi agli altri tre già noti.
Tra i ricercatori coinvolti nello studio figura Adriano Chiò del Centro SLA del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino e Ospedale Molinette.
[Fonti: Repubblica; Adnkronos]