Si potrà mai curare la sindrome di Down? O meglio, sarà possibile prevenire la nascita di bambini affetti da questa patologia che comporta disabilità cognitive, malattie cardiovascolari e particolarità fisiche? Da anni gli scienziati cercano una soluzione a questo problema che finalmente sembra essere arrivata, almeno come input iniziale per ulteriori percorsi scientifici, dall’americana Massachusetts Medical School: nel corso di una ricerca, i cui risultati sono stati appena pubblicati sulla rivista Nature, gli studiosi sono riusciti a disattivare, in vitro, la terza coppia di cromosomi (quella in più) da staminali di paziente affetto da sindrome di down. Vediamo meglio di cosa si tratta.
Si parla dunque di “terapia cromosomica”, e si è scoperto un meccanismo in più, da utilizzare volendo anche in altre malattie similari. E’ difficile spiegare con parole semplici i contenuti di questo studio, ma ci provo egualmente, partendo però dall’inizio. La sindrome di Down è nota anche come trisomia 21 in quanto caratterizzata da tre coppie di cromosomi anziché 2. Il che rende il paziente portatore di 47 cromosomi anziché i canonici 46, con un susseguirsi di complesse reazioni all’interno dello sviluppo dell’organismo che in questo caso risulta affetto da condizioni patologiche. In pratica avere un cromosoma in più è molto più complicato da studiare e correggere che non avere un semplice e solo gene anomalo.
Lo studio in questione ha scovato il modo per neutralizzare la terza copia del cromosoma 21, quella in più: è partito dall’esistenza del gene Xist (X-inactivation gene), fisiologicamente atto a spegnere uno dei due cromosomi X femminili. Si tratta di un gene presente in tutti i mammiferi femmina e serve proprio per determinare il sesso nella prole. Tale prezioso elemento, in laboratorio è stato inserito in cellule staminali pluripotenti elaborate in coltura originarie da persona affetta da sindrome di down. Il gene Xist si è comportato naturalmente: avvolgendo e quindi disattivando un gene X e dunque la copia in eccesso del cromosoma 21. La differenziazione cellulare tipica dello sviluppo della sindrome di Down nelle successive fasi di crescita in provetta non si è manifestata.
Banalizzando molto: se la malattia in questione è provocata da un cromosoma in più, si trovato il modo per disattivarne gli effetti negativi.
La strada, come tengo sempre a sottolineare in questi casi, è ancora molto lunga…stiamo parlando di sperimentazioni in vitro, ma sappiamo anche che la ricerca in scienza e nella medicina negli ultimi anno sta avendo grandi successi. L’idea ci piace, è a voi?
Leggi la ricerca direttamente su Nature