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I suoni possono essere rielaborati nel sonno

I suoni possono penetrare nel sonno profondo e rafforzare i ricordi associati al risveglio. Questo aspetto misterioso, che da tempo si conosceva, ora è stato provato scientificamente in una nuova ricerca. Lo studio effettuato dai ricercatori della Northwestern University di Chicago, ha collegato i suoni con ciò che si chiama “memoria spaziale“, e hanno mostrato 50 oggetti su uno schermo che i partecipanti dovevano studiare. Dopodiché essi hanno ascoltato i suoni corrispondenti, come il miagolio di un gatto ed il fischio per un bollitore. Successivamente i ricercatori hanno riprodotto alcuni di questi suoni durante il sonno.

I partecipanti non hanno consapevolmente ascoltato i suoni, ma nonostante questo sono riusciti a ricordare gli oggetti ad essi collegati sullo schermo.

La ricerca suggerisce fortemente che non chiudiamo la nostra mente durante il sonno profondo. Invece questo è un momento importante per il consolidamento dei ricordi

ha dichiarato John Rudoy, autore principale dello studio e ricercatore di neuroscienze.

Mentre dorme, la gente potrebbe ottenere un riprocessamento di tutto ciò che è accaduto durante il giorno – che cosa hanno mangiato per colazione, gli spettacoli televisivi che hanno guardato, ogni cosa

ha spiegato Ken Paller, autore senior dello studio e professore di psicologia presso il Weinberg College of Arts and Sciences della Northwestern. Ha aggiunto poi che

noi decidiamo quali nostri ricordi volontariamente attivare, guidandoli per farli riemergere dall’allocazione in cui li avevamo messi un’ora prima.

Il nuovo studio si aggiunge alla ricerca sempre più complessa che i ricordi sono rielaborati durante il sonno. E si inserisce negli ultimi studi che dimostrano che il cervello è attivo durante il sonno, prende in esame delle informazioni recentemente acquisite e le integra con altre conoscenze

in un misterioso processo di consolidamento che sostiene la nostra capacità di memoria quando si sveglia

hanno affermato i ricercatori. I risultati dello studio sono pubblicati sulla rivista Science.

[Fonte: Health24]