E’ giusto che le autorità sanitarie mondiali tentino di tranquillizzare la gente assicurando che sono disponibili già milioni di vaccini contro l’influenza suina, ma la realtà è ben diversa da quella che ci viene rappresentata in televisione. Il vaccino, per poter essere efficace sull’uomo, potrebbe aver bisogno di un periodo per essere sviluppato e distrubuito, di almeno sei mesi.
Il motivo, secondo Iain Stephenson, medico dell’Unità malattie infettive del Leicester Royal Infirmary, in Inghilterra, è che i vaccini devono essere sviluppati per lo specifico ceppo influenzale, testato in sicurezza, inviato ai produttori per la produzione di massa, e poi distribuito in tutto il mondo. Questo è possibile con il tempo, quando cioè la prima ondata di una pandemia di influenza potrebbe essere già finita.
Gli scienziati non sanno se l’attuale epidemia di influenza suina originaria del Messico (che questa mattina ha sfondato la soglia delle 150 vittime) diventerà una pandemia. Stephenson e colleghi hanno recentemente completato uno studio per provare a ridurre questo sfasamento temporale tra l’inizio di una pandemia di influenza e la diffusione/somministrazione di un vaccino. I ricercatori hanno scoperto che se molte persone ricevessero un vaccino “pre-pandemia” prima del tempo, il quale contiene alcuni dei più probabili ceppi influenzali che potrebbero arrivare, molti dei peggiori effetti potrebbero essere ridotti all’osso.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, ha testato un vaccino contro il virus dell’influenza aviaria, che fino a poco tempo fa era considerata la più grave minaccia per una grande pandemia. I ricercatori hanno testato le persone che avevano ricevuto un vaccino contro l’influenza aviaria tra sette e otto anni fa. Queste persone ancora conservavano molto bene gli anticorpi per combattere la malattia anni dopo. Rispetto alle persone che non avevano ricevuto il primo vaccino, sono stati più resistenti, ed un semplice aggiornamento sarebbe sufficiente per proteggere completamente da altri ceppi che potrebbero diventare una pandemia. Al contrario, le persone che non avevano ricevuto il vaccino pre-pandemico hanno bisogno di due dosi per essere protetti dal virus.
Si potrebbero vaccinare le persone oggi in modo che in futuro, se succede qualcosa, queste persone hanno già qualche forma di protezione. Si potrebbe pensare di iniziare a vaccinare potenzialmente coloro che sarebbero a rischio più elevato.
Conclude Stephenson. Il problema di preparare un vaccino prima del tempo è la necessità di prevedere i ceppi di virus che diventeranno la vera minaccia. Fino all’influenza suina di questa settimana, l’influenza aviaria è stata l’unica minaccia prospettata dagli scienziati. Secondo Stephenson:
Questo dimostra come l’influenza è davvero imprevedibile. Il problema con i virus pandemici è che sono molto diversi gli uni dagli altri. Non è possibile fare le scorte di tutto. Bisogna concentrarsi su quella che sembra essere la più probabile minaccia.
Alcuni scienziati ripongono le loro speranze su un vaccino antinfluenzale universale che può proteggere contro molte o tutte le possibili future pandemie influenzali. Finora però questo si è rivelato impossibile perché l’influenza si adatta e cambia ogni anno, ed arrivano continuamente diversi tipi di virus.
[Fonte: Livescience]