Chi ha cresciuto dei figli, sarà sicuramente passato attraverso la lunga processione di vaccinazioni obbligatorie, dalle gocce sulla lingua alla “punturina che non fa male”, con conseguenti urla belluine nei locali delle Asl e successivo regalino per far cessare le lacrime. Ma nonostante questa specie di ‘giogo’ obbligatorio da affrontare, i genitori sanno benissimo che le vaccinazioni hanno salvato la vita di decine, centinaia, migliaia di persone. Anche il luogo comune sui rischi delle vaccinazioni è eccessivo, perché è provato che sono estremamente sicure, e che, nonostante non sia possibile escludere in modo assoluto rischi associati, nel rapporto rischi/benefici questi ultimi prevalgono decisamente.
I soggetti più vulnerabili alle malattie sono i neonati e i bambini piccoli, ed è per questo che è essenziale proteggerli con le vaccinazioni. Al momento non esistono reali alternative alla vaccinazione per proteggersi da alcune malattie infettive. I vaccini funzionano stimolando i meccanismi naturali di difesa che il nostro organismo usa contro virus, batteri, agenti patogeni in generale, in grado di provocare infezioni. Se la difesa ha successo l’infezione viene sconfitta e si crea una resistenza (immunità) verso nuovi attacchi da parte dello stesso microrganismo, altrimenti prevale l’agente infettivo, con la conseguente potenziale malattia.
Nello sviluppare l’immunità, l’organismo produce delle sostanze, gli anticorpi, con il compito di combattere gli antigeni, e di questa difesa conserva una memoria, che può essere richiamata in caso di necessità per una protezione futura, anche dopo molti mesi e anni. La vaccinazione permette di ottenere una protezione immunitaria senza per questo provocare la malattia.
In base ai dati forniti dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, l’efficacia dei vaccini non è assoluta, ma in ogni caso la percentuale di successo è molto alta, e, anche in caso di malattia, questa viene contratta in misura ridotta. Facendo esempi pratici, segnaliamo che negli anni ’40 i casi di pertosse nel mondo erano 175.000, con circa 8.000 decessi, mentre nel 1999 sono scesi a 6.031. Analogamente, negli anni ’20 i casi di difterite erano quasi 200.000 all’anno con 13.000 morti, mentre, dopo l’avvento della vaccinazione, nel 1999 c’è stato solo un caso.
In alcuni casi, come ad esempio per il vaiolo, si può parlare di ‘eradicazione‘. Lo storico evento è stato ottenuto vaccinando a tappeto e per un lungo periodo la quasi totalità della popolazione, con il risultato di impedire la diffusione del virus, che nel caso del vaiolo ha bisogno di un ospite umano suscettibile alla malattia per sopravvivere. L’ultimo caso conosciuto di vaiolo è stato registrato in Somalia il 26 Ottobre 1977. Importanti anche i risultati della lotta contro la poliomielite, sconfitta la quale, il prossimo candidato alla eliminazione potrebbe essere il virus del morbillo.
Sebbene i vaccini siano garantiti da elevati standard di sicurezza, nessuno è “sicuro”, intendendo con questo una definizione standard riassumibile con “libero da qualsiasi effetto negativo”. Tutti i vaccini hanno dei possibili effetti collaterali, come dolore, rossore e gonfiore locali. In casi rarissimi si può verificare uno shock anafilattico, considerato un evento eccezionale. Anche se i vaccini possono causare alcuni effetti collaterali, non è certo più sicuro scegliere di evitare le vaccinazioni. In questo modo si va solo incontro alla possibilità di subire dei rischi diversi e molto maggiori.
I bambini non vaccinati, per esempio, sono soggetti a rischio per molte malattie: la polmonite causata dal morbillo, la meningite da Haemiphilus influenzati (Hib), la sordità da parotite, e così via. Confrontando i rischi della vaccinazione con i pericoli delle malattie, i vaccini costituiscono la scelta più sicura. Come si può affermare che un vaccino è sicuro? Tenendo presenti metodologie di lavoro e casistica. Dopo gli studi in laboratorio si passa ai test sugli animali ed infine nell’uomo, prima somministrandolo e valutandolo negli adulti e poi nei bambini. Bisogna anche considerare che l’autorizzazione all’immissione in commercio di un vaccino è un processo molto lungo che può durare diversi anni, essendo richiesto il superamento di tre fasi di sperimentazioni cliniche.
La prima fase, che di solito coinvolge un ridotto numero di volontari (20-100 persone), dura pochi mesi e serve a stabilire la sicurezza di base. La seconda allarga la base di sperimentazione a centinaia di volontari e può durare da pochi mesi a qualche anno. La terza fase, infine, arriva a coinvolgere migliaia di persone e tipicamente dura alcuni anni. Solo a questo punto, dopo l’approvazione ministeriale, il vaccino viene prodotto su larga scala e messo in commercio. In Italia è previsto un sistema di farmacovigilanza in base al quale qualsiasi sanitario deve segnalare al Ministero della Sanità ogni complicazione osservata dopo una somministrazione di farmaci in generale. Per i vaccini è prevista inoltre la compilazione di una specifica scheda di segnalazione.