L’OMS lancia nuovamente l’allarme riguardo la resistenza agli antibiotici di quelli che possiamo ormai definire “superbatteri”. Come definire altrimenti quegli agenti patogeni finora combattuti efficacemente che sembrano resistere ai medicinali adibiti al loro annientamento?
Le conseguenze di tutto ciò purtroppo potrebbero essere devastanti perché si rischia di ritrovarsi con infezioni impossibili da curare nonostante vengano da decenni considerate molto semplici da approcciare. Commenta in tal senso Keiji Fukuda, vice direttore generale Oms per la sicurezza sanitaria:
La minaccia che i germi resistenti ai farmaci rappresentano per la salute pubblica non è più una previsione per il futuro, ma un’emergenza reale già in atto in tutte le regioni del globo. Possono colpire chiunque, a ogni età, in ogni Paese. Senza un’azione urgente e coordinata da parte di ogni forza in campo il mondo si troverà a fronteggiare un’era post-antibiotica in cui infezioni comuni, che sono state curabili per decenni, potranno tornare a uccidere.
Purtroppo per quanto non ci piaccia l’idea, quella della resistenza antibiotica è una delle più gravi minacce sanitarie che potremmo trovarci a fronteggiare un un futuro molto prossimo. L’Organizzazione sanitaria è molto chiara su questo punto:
A meno che non si prendano azioni significative per aumentare gli sforzi nella prevenzione delle infezioni, e per cambiare il modo in cui produciamo, prescriviamo e usiamo gli antibiotici, il mondo perderà progressivamente quanto ha conquistato sul fronte della salute pubblica. E le implicazioni saranno devastanti.
Sono sei i batteri e le patologie correlate che preoccupano in particolare: sepsi, diarrea, polmonite, infezioni urinarie e gonorrea. Tra tutti il Klebsiella pneumoniae, il batterio intestinale causa delle più comuni infezioni ospedaliere: contro di lui spesso anche gli antibiotici di ultima linea non funzionano. Cosa si può fare? Prima di tutto imparare a gestire meglio tali prescrizioni, senza abusarne. E ancor di più limitare le possibilità di contagio nelle strutture “sensibili” come gli ospedali, dove solitamente la coltura di questi agenti patogeni è purtroppo più diffusa.
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