Leo Gullotta racconta l’Alzheimer da un punto di vista differente da quello del caregiver: lo fa da quello del paziente. Uno sguardo sincero ed onesto grazie al corto “Lettere a mia figlia” con il quale è in concorso ai David Di Donatello 2016. E’ importante, affrontando questa malattia, non perdere di vista la sofferenza di coloro che ne sono affetti.
Perché alla fine di questo percorso patologico la memoria della persone è quasi azzerata come d’altronde le facoltà cognitive. Ma nel mezzo vi è un periodo di tempo in cui il paziente si rende conto di non essere più lo stesso e di non riuscire più ad avere quell’indipendenza che l’ha sempre caratterizzato.
L’Alzheimer è una malattia neurologica degenerativa che non ha una cura al momento. La ricerca è continuamente attiva al fine di riuscire a trovare un approccio terapeutico che consenta di combattere efficacemente questa malattia fermando o facendo regredire la formazione delle placche beta-amiloidi che causano la patologia e la perdita di cellule nervose nelle aree cerebrali che regolano la memoria e le funzioni cognitive.
Ciò che avviene nel corto “Lettere a mia figlia” è il racconto della malattia d’Alzheimer dal punto di vista del malato che pian piano ha difficoltà a camminare, a parlare. A vivere la sua vita. Rendendosi conto di quanto sta perdendo e di come lo sta perdendo. Questa patologia porta con il protrarsi della vita della persona affetta a rendere impossibile per la stessa riconoscere anche le persone che gli sono vicine, ad avere problemi comportamentali e fisici che non hanno una possibile cura.
Il corto è stato creato in collaborazione con esperti neurologi in modo tale da riprodurre fedelmente quello che verosimilmente è il vissuto del malato. Lo stesso verrà utilizzato all’interno di un docufilm sull’Alzheimer girato tra Milano ed Amsterdam che punta a informare la popolazione sulle prospettive assistenziali e terapiche future e sulla patologia in generale. Ecco il toccante trailer.