La felicità? Solo se il nostro intestino sta bene. E’ questa la particolare scoperta archiviata dai ricercatori dell’Alimentary Pharmabiotic Centre dell’University College Cork, in Irlanda, coordinati dai neuroscienziati John F. Cryan e Gerald Clarke. Lo studio condotto a riguardo dimostrerebbe come i livelli di serotonina nel nostro organismo dipendano dalla quantità e dalla qualità dei batteri che risiedono nell’organo sopracitato.
Importanza rilevante, secondo gli scienziati, viene assunta dalla presenza dei microrganismi buoni all’interno dell’intestino nei primi anni di vita dell’individuo. La loro presenza in questa particolare fase dello sviluppo in dosi giuste è in gradi di far produrre all’organismo la quantità giusta di ormone della felicità nel corso degli anni. La serotonina è, infatti, quella sostanza secreta dal nostro corpo in grado di donarci una sensazione di benessere completo ma la cui creazione può essere influenzata da situazioni di stress, ansia e depressione.
A dimostrazione dell’assunto del loro studio, i ricercatori irlandesi hanno condotto su modello animale una sperimentazione nella quale evidenziare i differenti effetti della presenza dei batteri intestinali sull’ormone della felicità correlando le conclusioni all’esistenza o meno nel corso dell’infanzia delle cavie. I risultati, pubblicati sulla rivista di settore Molecular Psychiatry, hanno mostrato non solo la correlazione auspicata dagli scienziati, ma anche che questo legame è strettamente collegato al genere di appartenenza: è più marcato nei maschi rispetto alle femmine.
Non solo: la mancanza di una flora intestinale degna di tale nome nei primi anni di vita provoca l’avvio di un processo considerato irreversibile: le modifiche al sistema nervoso centrale che si attuano nel corso dei primi anni di vita non possono più essere corretti anche se la flora viene integrata con il tempo. Spiega il coordinatore della ricerca John F. Cryan:
Come neuroscienziato trovo affascinante come questi risultati mettano in evidenza il ruolo importante che i batteri intestinali giocano nella comunicazione bidirezionale tra l’intestino e il cervello. Lo studio apre l’opportunità di sviluppare strategie uniche basate sulla flora microbica per il trattamento dei disturbi del cervello.
Fonte: Molecular Psychiatry
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