Il Disturbo da Deficit di attenzione con Iperattività fu identificato e studiato per la prima volta agli inizi del 1900. Sulla base di evidenze genetiche e neuro-radiologiche è oggi giustificata la definizione psicopatologica del disturbo quale disturbo neurobiologico della corteccia prefrontale e dei nuclei della base che si manifesta come alterazione nell’elaborazione delle risposte agli stimoli ambientali. Anche il neurotrasmettitore dopamina, responsabile chimico della capacità di concentrazione delle emozioni positive e dei sentimenti di felicità, è coinvolto nell’attività cerebrale che differenzia una persona con DDAI.
Per poter fare una diagnosi di DDAI con iperattività, oltre a disattenzione, impulsività e mancanza di autocontrollo bisogna osservare i seguenti elementi:
- Il bambino è irrequieto, muove mani e piedi, si dimena sulla sedia;
- Il bambino spesso lascia il proprio posto in classe o in altre situazioni in cui si deve stare seduti;
- Il bambino scorrazza e salta dovunque in modo eccessivo in situazioni in cui questo comportamento è fuori luogo;
- Il bambino presenta difficoltà a giocare o a dedicarsi a divertimenti in modo tranquillo;
- Il bambino spesso è sotto pressione o agisce come se avesse un “motore interno”;
- Il bambino parla eccessivamente.
È chiaro che tale diagnosi può essere fatta solo da un’ esperto abilitato: almeno 6 sintomi devono perdurare per almeno 6 mesi presentandosi in maniera forte e con un’intensità che provoca disadattamento e contrasta con il livello di sviluppo.
Ricordiamo che alcuni bambini possono presentare alcuni dei suddetti sintomi, non per questo è detto che si tratti di DDAI: spesso questi sintomi nascondono altre problematiche che in quel momento possono turbarne la vita quotidiana, ad esempio una separazione, un lutto in famiglia, un trasferimento, ecc. Ai fini diagnostici non ci si può soltanto limitare alla mera osservazione sintornatologica ma effettuare un osservazione a 360° (famiglia, scuola, abitudini, vissuti quotidiani, ecc.).