Come riconoscere il deficit di attenzione? Dobbiamo fare attenzione a non confondere la semplice distrazione con questa patologia ben più importante e complessa da gestire.
deficit di attenzione
Paracetamolo in gravidanza causa iperattività nei bambini?
Uno studio condotto in Norvegia, coordinato da Eivind Ystrom del Norwegian Institute of Public Health all’Università di Oslo, punta il dito contro il consumo di paracetamolo in gravidanza che potrebbe essere causa di iperattività e deficit di attenzione nei bambini.
Niente patente a chi soffre di apnea notturna
Niente patente per chi soffre di apnea notturna. In caso di diagnosi conclamata il documento non verrà rilasciato. Il provvedimento a tal riguardo è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale lo scorso 22 dicembre 2014 ed è passato inosservato fino ad ora.
Cos’è la sindrome di Tourette
Cos’è la sindrome di Tourette? In questi giorni si sta sentendo parlare molto di questa malattia della quale soffriva probabilmente la cantante Amy Winehouse. Ecco quindi di che cosa si tratta e quali sono i sintomi evidenti di un disturbo che è stato descritto per la prima volta nel lontano 1884 dal medico francese George Gilles de La Tourette.
Deficit di attenzione, causa nei traumi cerebrali neonatali
Una delle cause del deficit di attenzione può essere riscontrata nei traumi cerebrali neonatali occorsi quando i pazienti erano molto piccoli. E gli stessi possono avere influenza sul loro sviluppo intellettivo. Lo sostiene uno studio pubblicato oggi sulla rivista di settore Pediatrics.
Dislessia, ereader per migliorare l’attenzione
La dislessia è un disturbo dell’apprendimento caratterizzato da una scarsa attenzione visiva. Le lettere che compongono una parole e spesso intere frasi diventano difficili da leggere per il cervello che non riesce a dare loro il giusto ordine. Una soluzione al problema potrebbe essere l’utilizzo dell’ereader.
Effetti positivi dei videogiochi sul cervello
Quando si parla degli effetti dei videogiochi sul cervello, i diversi studi mostrano sempre risultati contrastanti: in alcuni casi rappresentano un problema spesso coinvolgente la personalità, in altri aiutano il cervello a mantenersi attivo. I ricercatori britannici hanno scoperto che alcuni tipi sono in grado di stimolare in modo particolare le funzioni cerebrali.
Deficit dell’attenzione: è un complesso di patologie
Si è sempre considerata la Sindrome da deficit dell’attenzione (comunemente nota sotto l’acronimo ADHD, N.d.R.) come una singola patologia: ora la ricerca ci spiega di come si tratti di un disturbo creato da una famiglia intera di patologie. Un esempio calzante? E’ come se si parlasse dei diversi sottotipi di tumore che colpiscono gli uomini. Lo rivela uno studio condotto dall’Oregon Health & Science University, pubblicato sulla rivista di settore Pnas, Proceedings of the National Academy of Sciences.
Bambini, il metilfenidato (Ritalin) blocca la crescita
L’organo ufficiale della farmacovigilanza italiano ha stabilito che il metilfenidato, il principio attivo del Ritalin, è associato ad un ritardo nella crescita dei bambini. Il metilfenidato, infatti, viene impiegato in caso di deficit d’attenzione e di disordini da iperattività. Già nel corso degli anni Settanta diversi studi sollevarono perplessità sui benefici di questo psicostimolante.
Psicofarmaci per bambini iperattivi, possibili danni per il sistema cardiocircolatorio
Anche in pediatria, il ricorso agli psicofarmaci è sempre più diffuso, in modo particolare per quei bambini definiti iperattivi, cioè dotati di intelligenza normale, ma che sono costantemente agitati e presentano un deficit di attenzione. Tuttavia, l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), proprio in questi giorni, ha deciso di indicare nuovi parametri per l’utilizzo di alcuni farmaci, che potrebbero danneggiare il sistema cardiocircolatorio.
Il deficit di attenzione
Fare “mente locale”, concentrarsi, cogliere il punto centrale di una questione e magari arrivare rapidamente ad una decisione sono cose che nel lavoro e nello studio ci vengono chieste ogni giorno. Ma ci sono periodi in cui sembra che l’attenzione non voglia fermarsi e ciò che si è appena letto non voglia proprio rimanere impresso nella memoria. Che fare? Rimedi miracolistici non ce ne sono: le performance mentali non si possono certo migliorare schioccando le dita. Eppure ci sono alcuni fattori che influenzano la capacità di concentrazione. Possono apparire banali, e così si finisce per non dare loro il giusto peso.
In realtà possono fare parecchio. Anzitutto bisognerebbe allontanare fonti di stress e ansia, ma questo purtroppo spesso non dipende da noi. Peraltro, nei momenti di superlavoro o quando ci sembra di non avere tempo, tendiamo a ridurre le ore di sonno. Non è una buona strategia: da un lato la “velocità” con cui ragioniamo diventa più lenta, dall’altro buona parte di ciò che sul momento crediamo di aver memorizzato svanirà in poche ore perché il sonno facilita la fissazione nella memoria a lungo termine delle esperienze. Per vincere un momento di stanchezza, un caffè può dunque andare bene, ma pensare di passare una notte in bianco per risolvere un problema è una strategia perdente.
I fumatori sostengono che una boccata di sigaretta li aiuta a concentrarsi. Non è proprio così: se è vero che la nicotina è uno stimolante cerebrale, i suoi effetti sono completamente annullati dal fatto che il fumo abbassa il livello di ossigeno nel sangue per un tempo più lungo della durata della sigaretta. Inoltre, il monossido di carbonio che si introduce a ogni boccata mette ko i globuli rossi, riducendo ulteriormente l’ossigeno disponibile. L’ideale è fare una breve interruzione con una passeggiata all’aria aperta, che allenta la tensione e migliora l’ossigenazione dei sangue. Ancora meglio se quella di fare un po’ di moto durante il giorno diventa un’abitudine quotidiana. Per capire quanto sia importante l’ossigenazione basta un dato: il cervello è all’incirca il due per cento della nostra massa corporea, eppure riesce a consumare ben il 25 per cento di tutto l’ossigeno bruciato dall’organismo.
Deficit di attenzione con iperattività
Il Disturbo da Deficit di attenzione con Iperattività fu identificato e studiato per la prima volta agli inizi del 1900. Sulla base di evidenze genetiche e neuro-radiologiche è oggi giustificata la definizione psicopatologica del disturbo quale disturbo neurobiologico della corteccia prefrontale e dei nuclei della base che si manifesta come alterazione nell’elaborazione delle risposte agli stimoli ambientali. Anche il neurotrasmettitore dopamina, responsabile chimico della capacità di concentrazione delle emozioni positive e dei sentimenti di felicità, è coinvolto nell’attività cerebrale che differenzia una persona con DDAI.
Per poter fare una diagnosi di DDAI con iperattività, oltre a disattenzione, impulsività e mancanza di autocontrollo bisogna osservare i seguenti elementi:
- Il bambino è irrequieto, muove mani e piedi, si dimena sulla sedia;
- Il bambino spesso lascia il proprio posto in classe o in altre situazioni in cui si deve stare seduti;
- Il bambino scorrazza e salta dovunque in modo eccessivo in situazioni in cui questo comportamento è fuori luogo;
- Il bambino presenta difficoltà a giocare o a dedicarsi a divertimenti in modo tranquillo;
- Il bambino spesso è sotto pressione o agisce come se avesse un “motore interno”;
- Il bambino parla eccessivamente.
Deficit dell’attenzione e iperattività: due proteine le colpevoli
C’è un’origine chimica nel disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (DDAI o ADHD, l’acronimo inglese). Lo ha stabilito per la prima volta uno studio del Brookhaven National Laboratory di New York. che si è avvalso delle tecniche di visualizzazione dell’attività cerebrale (brain imaging). La ricerca, pubblicata sul giurnal of American Medical Association, ha dimostrato che i pazienti che soffrono di deficit di attenzione e iperattività hanno livelli più bassi rispetto alla normalità di alcune proteine essenziali per sperimentare la motivazione e la ricompensa. Ha commentato Nora Volkow, prima autrice dello studio
“un passo importante nella cura del deficit dell’attenzione e iperattività perché spiega alcuni sintomi clinici del disturbo, come la mancanza di motivazione e anche la propensione di questi soggetti ad abusare di droghe e a diventare obesi, perché tendono a cercare compensazioni”
Il team della Volkow ha analizzato 53 adulti con ADHD che non avevano mai ricevuto alcuna terapia farmaceutica e 44 adulti in salute. Hanno misurato tramite Pet (tomografia con emissioni di positroni) i marcatori del sistema doparninico, regolatore dell’umore, in particolare due proteine, dopamina recettori e trasportatori, senza i quali la dopamina non può funzionare concretamente, e cioè non è in grado di influenzare l’umore. I pazienti con ADHD hanno mostrato bassi livelli di entrambe le proteine nelle due aree conosciute come nucleo accurribens e medio cervello, responsabili delle emozioni e delle sensazioni di motivazione e ricompensa.