La depressione stagionale è solo un falso mito? E’ quello che sembrerebbe suggerire uno studio condotto dai ricercatori dell’Auburn University in Alabama, i quali sostengono che le difficoltà psicologiche finora attribuite alla minore esposizione solare invernale siano solo un condizionamento.
Questo tipo di depressione, conosciuto sotto l’acronimo di SAD ed inserito tra le patologie della mente riconosciute da almeno 30 anni non sarebbe, secondo i ricercatori, supportata da dati oggettivi. Come sostiene il coordinatore dello studio, il prof. Steven LoBello, questo tipo di malattia va e viene a seconda degli stimoli che colpiscono le persone e se alcune di essere sperimentano il disturbo non è detto che sia il cambio di stagione a causarlo.
Per giungere alle loro conclusioni sulla depressione stagionale, il luminare e la sua squadra hanno utilizzato i dati derivanti da un sondaggio telefonico proposto a 34 mila americani, focalizzato sulla depressione ma in grado di dare vita ad un campione statistico in base alle abitudini degli intervistati. Comparando tutte le informazioni a disposizione, il prof. LoBello si è reso conto che nessuno dei sintomi della depressione era ricollegabile alla stagione vissuta. E non è il solo. Molti colleghi psicologi sostengono che la depressione stagionale sia solo un falso mito orchestrato ad arte dalle case farmaceutiche per vendere più medicinali.
Questo porterebbe in qualche modo, secondo il ricercatore, a non scovare la vera causa alla base della depressione di coloro diagnosticati con SAD portando i pazienti ad essere curati inutilmente con principi attivi inutili senza riuscire a trovare una reale soluzione per stare meglio. Già in passato la dott.ssa Kelly Rohan, dell’Università del Vermont aveva espresso le sue perplessità sulla patologia, riconoscendo come legati alla stagione solo alcuni casi. Questo studio quindi giunge a confermare un dubbio già presente tra coloro che si occupano della psicologia umana. La vera domanda ora riguarda il rapporto diagnosi-cura: cambierà qualcosa nell’approccio alla malattia?
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