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Asma, verso una possibile cura

L’asma è una patologia sempre più diffusa, 8 milioni di italiani, infatti, ne soffrono. Ma i risultati di una ricerca tutta italiana lascia ben sperare in una cura definitiva. La notizia arriva da uno studio scientifico condotto dall’Unità Operativa di Pneumologia, ULS22 della regione Veneto, in collaborazione con l’Istituto Malattie Respiratorie dell’Università di Genova.

I risultati della ricerca sono stati presentati durante il 15esimo Congresso Internazionale dal tema “Asma Bronchiale e Bpco: obiettivi, rimedi, strategie”, organizzato dalla Uoc di Pneumologia dell’Azienda Ulss 22 di Bussolengo, e che si tiene proprio in questi giorni a Verona.

Oggetto della ricerca, in attesa di pubblicazione sulla rivista scientifica americana “International Journal of Immunopathology and Pharmacology”, sono gli effetti a lungo termine degli anticorpi monoclonali, un insieme di anticorpi identici fra loro in quanto prodotti da linee cellulari provenienti da un solo tipo di cellula immunitaria, e che inibiscono gli anticorpi allergici Ige nelle strutture bronchiali nell’asma grave.

Come ha spiegato Roberto W. Dal Negro, direttore dell’Unità operativa complessa di pneumologia dell’Azienda Ulss 22 di Bussolengo:

Circa tre anni fa ebbi un’intuizione sull’uso prolungato degli anticorpi monoclonali nell’asma grave che non aveva risposto finora ad alcun tipo di terapia. Tutto partì in quel periodo, quando mi chiesi: questi anticorpi, se somministrati a lungo, possono modificare la matrice delle strutture bronchiali? Ho quindi proceduto con delle biopsie periodiche, e ogni sei mesi, per avere un quadro completo sulla terapia biologica sui pazienti. Mi sono ritrovato a gestire una ricerca, la prima in tutto il mondo, che a breve sarà pubblicata su una importante rivista scientifica americana. Abbiamo scoperto che l’anticorpo monoclonale altera in senso positivo la matrice patologica della malattia. Seppur con le cautele del caso possiamo dire che questa è una cura vera e propria.

Stando agli esiti della ricerca, si stima che il 70% delle persone sottoposte a queste terapie ha migliorato la propria struttura biologica, fino alla normalizzazione. La scoperta è davvero importante, anche perché potrebbe permettere alle persone affette dall’asma, una patologia destinata a diventare la terza causa di morte nel mondo entro il 2020, di condurre finalmente una vita “normale” e senza steroidi a seguito.

Fonte: ASCA; Photo Credit|ThinkStock