Il cacao è in grado di contrastare l’invecchiamento delle cellule cerebrali, dando modo di poter gettare le basi per un’eventuale cura contro l’Alzheimer. E’ questa l’ultima scoperta concernente i semi della Theobroma cacao, dalla quale noi estraiamo il cioccolato e tutta una serie di altri prodotti di uso comune, effettuata dai ricercatori del reparto di Geriatria dell’ospedale di Avezzano e dall’Università dell’Aquila, recentemente pubblicata sulla rivista di settore Hypertension.
Il cacao, è risaputo, è noto per possedere un potere antiossidante tra i più alti in assoluto, un alto valore energetico e secondo alcune ricerche anche per delle capacità antidepressive. Ed ora, gli scienziati italiani, ci spiegano come sia capace anche di migliorare le capacità cognitive degli anziani affetti da declino cognitivo. Lo scopo dello studio era di mostrare come i flavanoli, composti naturali di cacao, se assunti in dosaggi specifici e nell’ambito di una dieta il più possibile controllata, possono essere in grado di migliorare le capacità mentali negli ultrasessantacinquenni.
Il gruppo di ricerca ha sottoposto ad osservazione novanta anziani affetti da declino cognitivo lieve (uno dei precursori dell’Alzheimer, N.d.R.), e reclutati principalmente tra gli utenti dell’Unità Valutativa Alzheimer nella Marsica. I pazienti sono stati suddivisi randomicamente in tre gruppi ed hanno ricevuto per otto settimane, dosi diverse di bevanda con flavonoli del cacao. Queste le quantità:
- 990 milligrammi (dose alta)
- 520 mg (media)
- 45 mg (bassa).
Contestualmente attraverso dei test neuropsicologici ed analisi di laboratorio è stato verificato il loro stato di salute. E’ emerso che ad una maggiore quantità di flavonoli, corrispondevano maggiore capacità cognitiva, più alta rapidità di pensiero ed un miglioramento della memoria a breve termine. Senza contare una riduzione della pressione arteriosa, dello stress e della resistenza all’insulina a cui sembra essere clinicamente correlato il miglioramento delle performance mentali.
Considerando la sempre maggiore crescita del numero di anziani colpiti da declino cognitivo e da Alzheimer, una simile scoperta potrebbe rappresentare con il tempo un’ottima base per mettere a punto delle terapie specifiche d’attacco.
Fonte | Hypertension
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