Per vivere i nove mesi dell’attesa in modo sano non occorrono particolari restrizioni dietetiche, a meno che non vi siano specifiche prescrizioni mediche. L’alimentazione deve essere libera e variata, ricca di frutta e verdura fresca e pesce, con un limitato consumo di grassi e farinacei, che possono diventare dannosi se assunti in eccesso. È stato dimostrato che alterazioni metaboliche avvenute durante la dolce attesa sono alla base di possibili malattie future, come il diabete mellito e la malattia coronarica in età adulta.
L’alimentazione è quindi fondamentale. Per questo motivo durante la gestazione sarebbe opportuno incrementare l’apporto di proteine, vitamine (A, D, E, C, B 1, B6, acido folico), calcio, fosforo e ferro. Purtroppo, le cattive abitudini alimentari portano di frequente al sovrappeso e all’obesità. Anche se, oggi, non sono rari casi di donne in sottopeso. Ma un peso corporeo non adeguato all’altezza, in più o in meno, è il primo fattore di rischio che bisogna correggere per il buon esito di una gestazione, ritornando ad una condizione di normalità ancora prima del concepimento.
Spesso, infatti, un’alterazione ponderale può interferire con i delicati meccanismi del concepimento, ritardandolo. Durante i mesi dell’attesa, il peso della donna aumenta di 9-12 kg. Se nel momento in cui rimane incinta la futura mamma è normopeso, la razione calorica quotidiana dovrà essere incrementata di circa 400 calorie, e l’assunzione di proteine accresciuta di almeno 30 gr. al giorno. Il peso viene valutato con l’Indice di Massa Corporea (Body Mass Index, BMI), che si calcola dividendo il peso in chilogrammi per il quadrato dell’altezza, espressa in metri. La normalità è costituita da un BMI compreso tra 18,5 e 25.
Una dieta scorretta favorisce carenze vitaminiche e minerali che, anche in questo caso, sarebbe auspicabile evitare già prima del concepimento, per assicurare al feto tutti i nutrienti necessari fin dalle primissime fasi del suo sviluppo. Infatti l’embriogenesi (la formazione dell’embrione) si completa entro i primi tre mesi dell’attesa, ed è un momento cruciale per la “costruzione” degli organi del nascituro. Il bisogno di ferro aumenta enormemente in gravidanza, poiché serve alla formazione del feto e della placenta. La futura mamma potrebbe, quindi, più facilmente esserne carente.
Ecco perchè, sebbene si usino integratori orali, è fondamentale, sia in epoca preconcezionale che in gestazione, adottare anche una dieta che favorisca il ripristino dei depositi di ferro (fegato, lievito di birra, tuorlo d’uovo, frutta secca, germe di grano, frutta verde e legumi). Gli omega 3 sono acidi grassi polinsaturi derivati dall’acido alfalinolenico, che non viene prodotto dall’organismo e può essere assunto solo con l’alimentazione. Le prostaglandine, i leucotrieni e i trombossani sono molecole che vengono elaborate dagli omega 3, e coordinano molte funzioni dell’organismo: la vasodilatazione e i processi infiammatori.
Si trovano prevalentemente in pesci grassi come sardine, aringhe, acciughe, salmoni, sgombri, pesce spada e pesce azzurro in genere. Da evitare, invece, gli omega 6 contenuti nei cibi fritti e negli oli vegetali. Gli omega 3 attraversano la placenta e sono costituenti essenziali per la formazione del sistema nervoso centrale e della retina del bambino. Inoltre, influenzano la durata della gestazione. Le donne che mangiano molto pesce hanno una tendenza maggiore a partorire dopo le 40 settimane, al contrario di quanto accade a quelle che ne fanno un consumo limitato. Uno studio epidemiologico ha dimostrato che una scarsa assunzione di pesce rappresenta un fattore di rischio per il parto pretermine e per un basso peso neonatale. Gli omega 3 passano al bimbo anche durante l’allattamento, quindi è necessario mangiare pesce con regolarità, anche dopo il parto.