Cresce il numero dei ginecologi obiettori di coscienza in Italia, con picchi dell’85% ed oltre in regioni come Basilicata, Molise e Campania. I dati sono stati raccolti nella Relazione 2012 sulla legge 194. Simili percentuali sono state registrate anche per gli altri professionisti coinvolti nella pratica dell’aborto. Numeri che devono portare ad una accurata riflessione.
A livello generale, rispetto alla punta di obiezioni registrata nel 2010, la situazione in questi ultimi due anni sembra essersi stabilizzata. Ciò non toglie che per le donne che necessitino di ricorrere ad una interruzione di gravidanza, la situazione di riveli essere tutt’altro che rosea. E’ al sud in particolare che l’obiezione di coscienza prende più piede, arrivando a far registrare l’86% in Sicilia e il 79,4% in Calabria. Mentre risultano essere la Val d’Aosta e la Toscana le regioni meno obiettrici, con percentuali che non si avvicinano nemmeno al 30%.
Per ciò che riguarda lo scorso anno, la Relazione 2012 sulla legge 194 dimostra che le interruzioni volontarie di gravidanza sono diminuite nel biennio 2010-2012, facendo registrare 115.981 casi nel primo anno, scese nel 2011 a 109.538. il numero maggiore di aborti è avvenuto al nord in una percentuale del 46%, mentre le restanti sono avvenute nel centro e nel sud. Un dato in linea sicuramente con le obiezioni di coscienza del personale sanitario in merito all’aborto.
Un simile andamento è possibile riscontrarlo anche nelle interruzioni di gravidanza ottenute attraverso la RU486. Questo protocollo è ormai utilizzato in tutta Italia, con almeno un 96% di casi senza complicazioni ulteriori. L’utilizzo della pillola di mifepristone è però un altro nodo della questione obiezione: in questo ambito entra in gioco anche l’obiezione dei medici farmacisti che non di rado si sono rifiutati di erogare questa pillola, creando dei veri e propri casi giunti fino alle cronache nazionali.
I dati raccolti dalla relazione sull’aborto in Italia dimostrano come la legge 194 sia ancora in qualche modo una sorta di tabù per i professionisti italiani. Una volta sancita la possibilità di ricorso all’aborto, e quindi rendendo questa pratica medica a tutti gli effetti quale è, non dovrebbe essere assicurata sempre la sua esecuzione alla paziente che ne faccia richiesta o ne abbia bisogno?
Ministero della Salute
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