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Disabilità grave, quando manca l’assistenza necessaria

 La prima sfida di una persona affetta da disabilità è quella di avere una vita il più possibile normale ed autonoma. Anche chi ha dei problemi fisici cronici di diversa tipologia ha il diritto di poter usufruire di una vita appagante e serena, ma soprattutto libera. La storia di Claudia, affetta da sindrome di Rett e resa nota dal Corriere attraverso gli appelli della madre ne è un esempio. In molti non lo sanno, ma vi è una legge, in vigore dal 1998, che punta a dare una assistenza adeguata al sostentamento a tutte le persona affette da disabilità grave.

Nello specifico è la legge 162/98, la quale, è l’auspicio di famigliari e persone affette da gravi forme di disabilità, si richiede lavori di concerto con quel disegno di legge 1978 del 2008 che ancora tarda ad avere una approvazione definitiva e che riguarda l’assistenza personale autogestita dal malato.

La paura, ovvia, della maggior parte dei genitori è di non sapere che fine faranno i propri figli una volta che loro saranno dipartiti e non potranno usufruire delle loro cure.  Si tratta quindi della richiesta di una vita sì indipendente, ma legata alla presenza di una figura in grado di essere di supporto al malato nel momento in cui la famiglia verrà a mancare.

Si esprime così Marina Cometto, la mamma di Claudia:

Voglio la legge 162, 24 ore al giorno. Vita indipendente non significa che non abbiamo bisogno di nessuno. Ma anche una persona con una disabilità grave ha diritto di scegliere la vita che vuole, e quindi di poter disporre di un finanziamento (rendicontando le spese) che ti permetta, per esempio, di assumere un assistente di fiducia. Noi genitori chiediamo per i nostri figli il diritto a vivere una vita dignitosa, senza l’incubo che vadano in istituto, dopo di noi.

Richieste lecite alle quali, al momento, solo una regione sembra aver dato spazio nonostante la mancata approvazione definitiva di un piano a livello centrale: il Molise, la quale ha stabilito, in anticipo sul territorio italiano, delle linee guida per l’assistenza personalizzata ai malati.

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Fonte: Corriere della Sera