Oggi, 24 marzo, è la giornata mondiale della tubercolosi. Il World Tb Day è stato istituito dall’Organizzazione mondiale della Sanità per ricordarci come questa patologia polmonare, endemica in passato anche in Italia, non sia ancora scomparsa del tutto.
Sebbene possa sembrarci molto lontana come realtà, è ancora oggetto di studio per la buona parte degli scienziati di tutto il mondo. Non vi è quindi metodo migliore per affrontare questa giornata parlando di una ricerca tutta italiana recentemente pubblicata sulla rivista PlosOne.
Parliamo di un nuovo test diagnostico in grado di distinguere rapida e semplice l’infezione polmonare dalla malattia conclamata. Lo studio è stato portato avanti dai ricercatori dell’Università Cattolica, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Malattie Infettive “L. Spallanzani” e l’Università degli Studi di Sassari .
Questo nuovo test dà la possibilità ai medici di distinguere in maniera molto veloce i pazienti affetti da una tubercolosi attiva rispetto quelli soggetti ad una infezione tubercolare latente. Si tratta di uno studio preliminare che se troverà conferma attraverso ulteriori sperimentazioni, potrà essere in grado di mettere a punto strategie più efficaci per il controllo di questa patologia, mai nuovamente presente nel mondo intero come in questi ultimi anni.
La tubercolosi, va ricordato, è un’infezione causata dal Mycobacterium tuberculosis, batterio anche noto come bacillo di Koch, dal nome del suo scopritore doponel 1882. La differenza tra malattia attiva ed infezione latente costa nel fatto che la prima se non adeguatamente curata porta alla morte, mentre l’infezione latente spesso rimane addirittura asintomatica.
A livello statistico, l’Organizzazione mondiale della Sanità, ha reso noto che almeno 2 miliardi di persone hanno contratto già l’infezione nella forma latente: fortunatamente solo nel 5-10% dei casi la malattia evolve nella conclamata. Va da sé che una diagnosi più veloce abbatte notevolmente i rischi di contagio verso terze persone.
Attualmente la diagnosi avviene attraverso un test intradermico conosciuto comunemente sotto il nome di test della tubercolina. Questa presenta alcuni svantaggi: il più importante è che non è in grado di distinguere tra l’infezione e la malattia, al pari del test di ristimolazione linfocitaria. Giovanni Delogu, tra i coordinatori della ricerca, spiega:
I risultati del nostro studio dimostrano che è possibile distinguere i soggetti infettati da quelli malati, utilizzando un test in cui il sangue prelevato dal paziente viene messo a contatto con una proteina del bacillo, chiamata HBHA. Il nostro gruppo di ricerca ha sviluppato un protocollo sperimentale innovativo per ottenere quantità elevate di proteina in tempi rapidi e con costi limitati, aprendo la possibilità all’utilizzo di questo test su larga scala.
Questa particolare proteina, solitamente difficile da riprodurre fino ad ora, funziona come un “biomarker” nei confronti della infezione latente. Gli scienziati pensano inoltre che la stessa possa essere in grado di aprire la strada alla scoperta dei meccanismi che regolano il passaggio dall’infezione alla malattia.
Entrando nello specifico a livello medico, va ricordato che tra le varie forme di questa patologia, vi è anche la tubercolosi multiresistente (MDR-TB). Si tratta di una variante che non risponde positivamente ai farmaci standard utilizzati per la cura della malattia. Ed è al contempo quella più diffusa nei paesi in via di sviluppo ai quali spesso si associa uno stato di immunodeficienza relativa all’ HIV. Obiettivo di questa giornata mondiale è quello di alimentare l’attenzione sul fenomeno e contemporaneamente trovare i fondi necessari per curare almeno 1 milione di persone tra il 2011 ed il 2015.
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