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Gastroenterite batterica, il ruolo degli zuccheri

 La gastroenterite batterica, sebbene spesso le persone non siano informate a tal riguardo, rappresenta una delle patologie più diffuse fra la popolazione.

Non vi è cura se non attraverso l’utilizzo degli antibiotici, ed i suoi sintomi sono spesso di una semplicità sconcertante ma di una dolosità enorme. Parliamo di: nausea, vomito, dissenteria e febbre alta. Ora, una nuova ricerca apre le porte alla comprensione di una possibile causa. Scopriamo insieme quale è.

Secondo ricercatori del Griffith University Institute for Glycomics, questa malattia ancora quasi sconosciuta, verrebbe causata dalla mutazione della forma degli zuccheri all’interno dell’organismo in base alla temperatura corporea. Se tale assunto venisse confermato da altre e diverse sperimentazioni, potrebbe aprirsi finalmente la strada non solo verso una cura della patologia non più basata su antibiotici, ma anche verso una efficace prevenzione.

I ricercatori sono partiti da alcune considerazioni, basate sulle tipologie di batteri presenti in alcuni animali in grado di infettare solo l’uomo e non la specie stessa nella quale si trovavano. Nello specifico sono stati presi in considerazione i batteri che normalmente vivono nell’intestino dei polli, uno in particolare è causa tra l’altro di una particolare patologia autoimmune conosciuta sotto il nome di sindrome di Guillain-Barre, nella quale è lo stesso sistema immunitario a distruggere le cellule dell’organismo.

È basandosi sul voglia di scoprire quale fosse la causa che rende i polli immuni a questa grave patologia che ricercatori statunitensi, ed in particolare il dottor Christopher Day , hanno  sviluppato la sperimentazione che ha portato a questa scoperta.

Il team ha infatti deciso di analizzare il batterio su una particolare tipologia di zuccheri, chiamati glicani. Hanno quindi coltivato in laboratorio il Campylobacter jejuni, uno dei batteri alimentari più temuti, in questi particolari “brodi di coltura” e si sono resi conto che il comportamento dello stesso cambiava a seconda della temperatura nella quale si trovava, aggregandosi  quindi a differenti tipologie di zuccheri.

Partendo da ciò, gli scienziati potranno ora tentare di mettere a punto una nuova terapia di tipo farmacologico.

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Fonte: La Stampa