Lo chiamano effetto Jolie ed in qualche modo lo è, se non altro per il fatto che se ne parla: un uomo d’affari di Londra, a 53 anni ha deciso di farsi asportare la prostata sana perché portatore del gene BRCA 2, noto per aumentare il rischio di sviluppare una forma di cancro. La sua decisione non è dovuta chiaramente all’annuncio shock circa la mastectomia preventiva dell’attrice,ma ad un percorso iniziato e portato a termine già da qualche tempo. A darne notizia, non neghiamo probabilmente sulla scia emozionale/scientifico/polemica e non dei giorni scorsi, il medico che l’ha operato, il chirurgo Roger Kirby in’un’intervista al Sunday Times. Ma vediamo nel dettaglio.
L’uomo con familiarità di tumore alla prostata e al seno si era sottoposto in qualità di volontario ad uno studio scientifico condotto presso l’ICR (Istituto di ricerca sul cancro) che aveva lo scopo di individuare se e come i portatori di BRCA1 e BRCA 2 potessero in qualche modo andare incontro a carcinoma prostatico. Gli studi attuali ivi effettuati e che andranno confermati con una ricerca approfondita sul lungo termine (5 anni, per la quale si cercano circa 26.000 altri volontari), suggerirebbero infatti per il portatore del gene BRCA 2 un rischio otto volte maggiore rispetto alla media di contrarre il cancro alla prostata, ed il triplo per i portatori di il portatore del BRCA 1. L’obiettivo della ricerca è valutare se esami aggiuntivi sono in grado di prevenire il cancro e se, questi test andrebbero proposti come screening.
Il 53enne scoperta la sua anomalia genetica ha deciso di affrontare una prostatectomia preventiva, ovvero l’asportazione della prostata onde evitare che da lì partisse il pericoloso tumore. Anche lui, come la Jolie ha vissuto sulla pelle la perdita di persone care dopo lunghi periodi di lotta contro il cancro e non se l’è sentita di rischiare. Ha dovuto lungamente insistere però perché non si tratta di una prassi abituale: è il primo caso al mondo a quanto riferito dallo stesso Sunday Times. I chirurghi non operano pazienti sani perché la prostatectomia radicale oltre ad inibire la fertilità, comporta il rischio molto alto di importanti complicanze: deficit erettile, incontinenza urinaria.
Ovvero un 8% di pericolo maggiore di contrarre la malattia non può essere paragonabile all’87% del rischio di cancro al seno e al 50% di quello ovarico: è più opportuno tenersi ampliamente sotto controllo. Il chirurgo Roger Kirby però si è convinto quando la biopsia ha evidenziato microscopiche mutazioni maligne ed ha così giustificato l’operazione:
“Il livello relativamente basso di cellule cancerose che abbiamo trovato nella prostata di quest’uomo prima che dell’operazione non ci avrebbe indotto ad un intervento immediato per rimuovere la ghiandola, ma dato quello che sappiamo sulla natura di BRCA2, è stato sicuramente la cosa giusta da fare per questo paziente. Ora sta assolutamente bene e se non fosse stato portatore del gene non avremmo comunque fatto questo intervento, neanche con i risultati della biopsia alla mano.”
La prostata infine, analizzata approfonditamente dopo l’intervento, si è rivelata contenere un notevole livello di cellule cancerose. Ha chiosato il chirurgo:
“Sono sicuro che molti portatori maschi di BRCA ora seguiranno l’esempio: per chi ha il gene, questo tipo di intervento può rappresentare una vera liberazione”.
Non la pensano però così altri chirurghi e genetisti. Per una percentuale bassa di rischio oncologico e controllabile con diagnosi precoce, ed un pericolo elevato di effetti collaterali seri post chirurgici, vale veramente la pena?
Fonte: Sunday Times
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