Sono molti gli agenti che possono aggredire il fegato e portare all‘epatite, un’infiammazione che comporta il progressivo deterioramento delle cellule epatiche. Le forme acute sono rapide, evolvono nel giro di poche settimane e possono risolversi con completa restituzione della funzionalità dell’organo. Ma possono anche essere letali, se l’estensione del danno è tale da compromettere la possibilità di ripararlo, oppure progredire lentamente in forme croniche, altrettanto pericolose per la nostra salute. Commenta Stefano Fagiuoli, direttore dell’Unità di gastroenterologia presso gli Ospedali Riuniti di Bergamo:
«I principali colpevoli sono i virus, seguono a ruota gli agenti tossici, tra cui principalmente l’alcol. Mentre emerge sempre più la responsabilità di un’alimentazione sbilanciata. In Italia, le epatiti più frequenti sono quelle dovute ai virus A, B e C»
L’epatite A, meno grave, è trasmessa soprattutto per via alimentare attraverso frutti di mare e pesce crudo.
«Le epatiti B e C, invece, vengono trasmesse attraverso sangue o secrezioni di individui infetti»
Il primo segno può essere la comparsa di ittero, accompagnato da disturbi di tipo influenzale, ma non è raro che un’epatite acuta decorra senza sintomi evidenti. In questi casi è possibile che si avvii, senza che ce ne accorgiamo, la cronicizzazione, caratterizzata da un progressivo declino delle funzioni epatiche. Prosegue Fagiuoli
«Anche il consumo eccessivo di alcol è una causa frequente di epatite cronica, ma con eccessivo non si deve intendere quello che porta a essere spesso ubriachi: basta infatti introdurre in modo abituale più di 40 grammi di alcol al giorno (circa un bicchiere e mezzo di vino a pasto), che scende a 30 per le donne, per correre il rischio che si sviluppino, nel tempo, epatite cronica prima e cirrosi poi».