Solo nel 2005 il virus dell’Hiv ha infettato 77.553 persone in Europa. In Italia nel 2006 si sono verificati 8,1 casi ogni 100.000 abitanti.
Ma di Aids si continua a parlare poco e male. E’ questo il dato emerso da uno studio effettuato dalla Scuola di direzione aziendale (Sda) dell’università Bocconi di Milano.
Le campagne di prevenzione ed informazione sono troppo deboli, i messaggi inefficaci e gli slogan hanno uno scarso impatto comunicativo.
Ma di Aids si continua a parlare poco e male. E’ questo il dato emerso da uno studio effettuato dalla Scuola di direzione aziendale (Sda) dell’università Bocconi di Milano.
Le campagne di prevenzione ed informazione sono troppo deboli, i messaggi inefficaci e gli slogan hanno uno scarso impatto comunicativo.
Un bilancio pesante, a conclusione dei primi venti anni di comunicazione anti-Aids (1987-2007), che è stato presentato nel corso dell’incontro “Liberaci dal male” organizzato dal Customer Service Science Lab del prestigioso ateneo milanese.
Grandi assenti nelle iniziative contro l’HIV sono parole chiave per evitare la malattia, come ad esempio il termine “profilattico“, che nel 70,6% dei casi non compare affatto.
Grandi assenti nelle iniziative contro l’HIV sono parole chiave per evitare la malattia, come ad esempio il termine “profilattico“, che nel 70,6% dei casi non compare affatto.
Si tratta di lacune e tabù inspiegabili, che rendono nulli gli sforzi di propaganda e le campagne anti-contagio.
Come si può parlare di Aids e di prevenzione senza nominare il condom?
Come si può parlare di Aids e di prevenzione senza nominare il condom?
Altro grande assente, che emerge da questa analisi, è il test dell’Hiv, che dopo il preservativo, dovrebbe essere il protagonista più in rilievo di qualsiasi spot sulla prevenzione.
E invece, solo nel 30,6% dei casi viene menzionato nelle campagne pubblicitarie di sensibilizzazione.
Considerando che un italiano su quattro non sa di aver contratto il virus, è bene insistere su questo punto, promuovendo l’esame diagnostico.
E invece, solo nel 30,6% dei casi viene menzionato nelle campagne pubblicitarie di sensibilizzazione.
Considerando che un italiano su quattro non sa di aver contratto il virus, è bene insistere su questo punto, promuovendo l’esame diagnostico.
La difficoltà più grande dei sieropositivi sta nell’affrontare le discriminazioni sociali derivanti dalla malattia, ma anche in questo caso, dagli slogan e dai manifesti sul problema dell’Aids, solo nel 18% dei casi, ci sono riferimenti a questo tipo di disagio e inviti diretti a non discriminare gli ammalati.
Le campagne sinora sono state troppo deboli e moralizzatrici.
Bisognerebbe puntare invece su effetti shock, su messaggi più diretti, che spaventino, invitando a non sottovalutare il problema.
E nominare senza alcun tabù, parole come preservativo, test dell’Hiv, rapporti sessuali, che non sono parolacce offensive ma termini che possono rappresentare la prevenzione e la salvezza.
Speriamo che le campagne del 2008 si rivelino maggiormente efficaci, con un impatto comunicativo più alto.
Bisognerebbe puntare invece su effetti shock, su messaggi più diretti, che spaventino, invitando a non sottovalutare il problema.
E nominare senza alcun tabù, parole come preservativo, test dell’Hiv, rapporti sessuali, che non sono parolacce offensive ma termini che possono rappresentare la prevenzione e la salvezza.
Speriamo che le campagne del 2008 si rivelino maggiormente efficaci, con un impatto comunicativo più alto.
[Fonte: www.adnkronos.com]