Se pensate che sia sufficiente spegnere la televisione o razionarla a vostra figlia durante l’adolescenza, per impedire che i modelli deviati della scatola parlante influiscano sulla percezione del suo corpo, un recente studio ci mette in guardia da un rischio che sembrerebbe ancora maggiore della tv attiva, ovvero l’influenza passiva della scatola parlante.
I ricercatori dell’Harvard Medical School’s Department of Global Health and Social Medicine hanno infatti dimostrato quanto sia forte sulle ragazze l’influenza sull’immagine che si ha del proprio corpo derivante dall’esposizione mediatica indiretta. Dove con indiretta si indica la frequentazione di amici e/o compagni di scuola che guardano molta tv.
L’équipe di ricerca ha preso in considerazione un campione di ragazze adolescenti nelle isole Fij scoprendo, a sorpresa, che non c’è bisogno di avere un televisore in casa per vedere aumentare i livelli di probabilità di sviluppare disturbi alimentari.
Il fattore di rischio più importante per i disordini alimentari è stato infatti il numero di amici e compagni di scuola che, al contrario degli esaminati, invece possedevano un televisore. D’altro canto, i ricercatori hanno scoperto che forme dirette di esposizione, come guardare la tv da soli o in compagnia dei genitori, non hanno avuto un impatto rilevante quando sono state prese in considerazione le altre variabili, come la zona di residenza, la forma del corpo ed altre influenze.
È emerso che un diverso atteggiamento all’interno di un gruppo che era stato esposto a lungo ai modelli televisivi, è ancora più pericoloso che il guardare la tv, con il 60% di probabilità in più per le adolescenti di sviluppare sintomi di disturbi alimentari.
La rete sociale, secondo l’autore dello studio, la dottoressa Anne Becker, avrebbe dunque un ruolo di rilievo nella diffusione degli impatti negativi della tv sui disturbi alimentari.
Gli interventi di prevenzione, dunque, dovrebbero essere più che limitati alla volontà dei genitori singoli, svolti a livello locale, magari coordinandosi in comitati di famiglie che frequentano la stessa scuola, palestra, e vivono nello stesso quartiere, per concordare misure comuni che evitino l’esposizione indiretta a contenuti devianti in una fase delicata come lo è l’adolescenza.
Fino ad ora, spiega Becker, al suo secondo studio in questo territorio, è stato molto difficile convincere i produttori di mezzi di intrattenimento ad aprire un dialogo e a pensare a come si possa garantire che i loro prodotti non siano dannosi per i ragazzi.
Gli studiosi hanno preso in considerazione gli adolescenti delle Fiji perché qui la tv è arrivata di recente, negli anni Novanta, e dunque è più facile rilevare delle differenze negli effetti sortiti, anche in base alle significative variazioni regionali di esposizione alla televisione, ai media internet e alla stampa. Quando sono stati raccolti i dati nel 2007, in alcune aree remote in analisi nello studio, ancora non c’era elettricità, ricezione per i telefoni cellulari, televisione o Internet.
Il primo studio della ricercatrice aveva già scoperto un incremento dei disordini alimentari tra le adolescenti in seguito all’inizio della trasmissione televisiva nell’isola nel 1995.
Ciò che rende Fiji un caso particolarmente interessante è che la cultura tradizionale premi una forma del corpo robusta, in netto contrasto con l’immagine presentata dalla televisione occidentale in telefilms come Beverly Hills 90210, Melrose Place e Seinfeld, che erano molto popolari nelle isole Fiji quando la televisione fece il suo debutto negli anni Novanta.
Le ragazze avrebbero visto le attrici come modelli di riferimento, notando come una forma del corpo snella fosse spesso accompagnata al successo nella vita privata. Questa percezione sembra essere stata uno dei fattori responsabili di disordini alimentari tra le isolane.
Interviene sull’argomento anche Nicholas Christakis, professore di sociologia medica del dipartimento di politica sanitaria presso la Harvard Medical School, esperto nella diffusione dei problemi di salute attraverso le reti sociali.
Non dovrebbe essere così sorprendente per noi, anche se è interessante, che gli effetti indiretti dei media siano maggiori, spiega Christakis. Molte persone non fanno attenzione ai media, ma prestano invece attenzione a ciò che dicono i loro amici su quello che hanno visto in tv. E’ una sorta di processo di filtrazione che avviene in virtù delle nostre reti sociali.
Becker afferma che, sebbene lo studio abbia analizzato le studentesse delle Fiji, esiste una preoccupazione concreta anche per l’impatto sulla salute delle altre popolazioni.
Per saperne di più sull’influenza dei modelli televisivi sui disordini alimentari:
- Disturbi alimentari, tutta colpa della tv
- La paura dei disturbi alimentari, nelle donne è presente anche se sono in perfetta forma
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[Fonte: A. E. Becker, K. E. Fay, J. Agnew-Blais, A. N. Khan, R. H. Striegel-Moore, S. E. Gilman, “Social network media exposure and adolescent eating pathology in Fiji”, The British Journal of Psychiatry.]