L’influenza suina, o A H1N1, non fa più paura da tempo, ma quando passerà l’estate siamo sicuri che risentiremo parlare di allarme e nuovi casi di contagio. Stavolta però potrebbe arrivare dall’Oriente un nuovo rimedio, almeno per i casi lievi. Si tratta di un mix di erbe tradizionali cinesi che hanno dimostrato essere in grado di alleviare la febbre all’incirca quanto il Tamiflu.
Il prodotto, chiamato maxingshigan-yinqiaosan, non è attualmente disponibile nelle nostre farmacie ed erboristerie, ma se i suoi effetti fossero confermati, non escludiamo che arriverà molto presto. In uno studio effettuato su 410 adulti cinesi affetti da influenza H1N1, il gruppo che aveva assunto la miscela di erbe ha visto scendere la febbre (arrivata anche a 40 gradi) dopo solo 16 ore contro le 26 ore dei pazienti di un gruppo di controllo curati con il paracetamolo e le 20 ore dei pazienti con Tamiflu. Un quarto gruppo di studio ha ricevuto sia il mix di erbe che il Tamiflu, e la febbre è scesa dopo appena 15 ore.
Lo studio ha incluso solo uomini adulti e di mezza età che, oltre ad avere un caso abbastanza mite di influenza, erano sani. Il Tamiflu e un altro farmaco antivirale chiamato Relenza (zanamivir), sono di solito riservati a persone con casi gravi, o quelli ad alto rischio di complicazioni come la polmonite influenzale.
E’ stato necessario studiare gli effetti del maxingshigan-yinqiaosan su soggetti a basso rischio con casi più lievi di influenza, ha detto il dottor Lixing Lao, docente presso l’Università del Maryland School of Medicine a Baltimora, che non è stato coinvolto nella ricerca. Ma questo è anche un limite dello studio.
Nelle persone con malattia grave, questa erba può non funzionare. Non lo sappiamo ancora
ha ammesso il dottor Lao, che dirige anche il programma di ricerca sulla medicina tradizionale cinese presso il Centro Universitario di Medicina Integrativa. Non è detto però che questo mix arrivi mai da noi. Uno degli ingredienti chiave è l’efedra, o huang, una droga vietata nell’uso di integratori alimentari in molte parti del mondo perché legata ad attacchi cardiaci, ictus e decessi in casi estremi. Anche se nell’utilizzo per scopi medici il divieto non si applica, molti studi saranno necessari per testare la sua sicurezza. Nello studio in esame appena due dei 103 volontari che l’hanno assunta hanno sviluppato nausea e vomito. I risultati dello studio sono stati pubblicati sugli Annals of Internal Medicine.
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[Fonte: Health24]