Un bambino su 10.000 è affetto da autismo, una patologia ancora fin troppo sconosciuta che si manifesta (e diagnostica) solo dopo il secondo o terzo anno di vita. I sintomi che rappresentano dal punto di vista clinico la malattia si basano su una serie di alterazioni nella comunicazione sociale, con conseguente comportamento stereotipato, assenza di linguaggio, e progressivo isolamento. In più, in alcuni momenti nel quotidiano, il bambino può manifestare iperattività, impulsività, aggressività (anche contro se stesso), difficoltà di concentrazione e crisi colleriche.
A cercare di fare chiarezza sulle cause scatenanti dell’autismo, numerose ricerche scientifiche: tra queste anche due portate avanti dall’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (In-Cnr) di Milano (finanziati col supporto anche di Telethon e della Regione Lombardia) rispettivamente pubblicati su Journal Biological Chemistry e su Human Molecular Genetics. Il tutto, come ha spiegato Carlo Sala, tra gli autori dei lavori è partito da due geni (dai complicati nomi di IL1RAPL1-Interleukin-1 Receptor Accessory Protein Like 1 e SHANK3-SH3 domain and ANKyrin repeats):
“Numerose patologie del sistema nervoso centrale, tra cui l’autismo, possono essere causate da alterazioni funzionali e morfologiche a carico delle spine dendritiche e delle sinapsi del circuito cerebrale: è su queste che i due geni agiscono rivelandosi fondamentali per il corretto funzionamento dei circuiti cerebrali e dunque alla base della nostra capacità di pensare, imparare e socializzare. Sono stati accertati anche come causa di autismo e ritardo mentale in caso di mutazione genetica”.
Gli studi scientifici pubblicati hanno inoltre specificato i difetti di sinapsi provocati da mutazione dei due geni in questione, andando anche oltre: in vitro è stato possibile, attraverso un farmaco sperimentale, riparare il danno provocato da uno dei due (lo SHANK3). Siamo vicini ad una cura? Purtroppo no, è solo un percorso di studi che vale la pena di approfondire, occorre ancora capire dove, come, quando e perché i due geni hanno subito mutazione. E’ su quella che si potrà agire con una adeguata azione terapeutica. E questi geni hanno ancora troppe funzioni da scoprire, prima di poter parlare di una azione comune per le numerose forme di autismo. Conclude il dott. Sala:
“Studi recenti hanno dimostrato una patogenesi genetica in un crescente numero di bambini affetti da disturbi autistici, evidenziando una diretta connessione tra manifestazioni autistiche e delezioni (assenza di un tratto cromosomico), mutazioni e particolari variazioni polimorfiche di un numero crescente di geni. L’identificazione precoce dell’autismo aprirebbe la via a trattamenti terapeutici laddove i processi di sviluppo neuronale possano ancora venire in parte modificati”.
Insomma c’è ancora molta strada da fare, ma parecchia già è stata percorsa, non trovate?