Una delle difficoltà nella cura di alcune malattie mentali come la depressione sta nel fatto che non sempre i farmaci funzionano. Però spesso questi hanno gli effetti collaterali, esponendo i pazienti ai rischi di un farmaco inutile o dannoso, senza i benefici che ne dovrebbero conseguire. Questo rischio però potrebbe non essere più corso se una sorta di “test” realizzato dall’Università Loyola di Chicago fosse riconosciuto come affidabile.
Il test si basa su un esame del sangue che analizza una proteina chiamata fattore di crescita vascolare endoteliale, o VEGF. Secondo i ricercatori questa proteina è fortemente espressa nei pazienti depressi, e nel loro studio hanno notato che, dopo che questi venivano trattati con escitalopram (Lexapro), nell’85% dei casi essa veniva ridotta. Secondo Angelos Halaris, primario dell’ospedale universitario e primo autore dello studio, questo esame potrebbe essere in grado di stabilire se, di fronte all’assunzione di questo o altri medicinali, come il Prozac, il paziente vedrà ridursi l’espressione della proteina VEGF. Se ciò dovesse avvenire è probabile che i sintomi della depressione possano essere controllati, altrimenti se non dovesse accadere alcuna reazione si correrebbe il rischio di assegnare al paziente solo un medicinale inutile.
Secondo recenti dati, il 60% dei malati di depressione non risponde al primo farmaco prescritto. Di conseguenza i medici sono portati ad andare avanti a tentativi, assegnando un secondo farmaco, e poi un terzo e così via. Se invece un esame potesse già predire il grado di efficacia di un farmaco, si potrebbe partire sin da subito con il medicinale giusto.
Il prossimo passo sarà di approfondire gli studi per avere una piena certezza del funzionamento dell’esame stesso, e poi commercializzarlo su larga scala. Come hanno sottolineato i ricercatori stessi, attualmente un test costerebbe tanto, ma se effettuato ogni volta che bisogna assegnare dei farmaci, i costi potrebbero scendere bruscamente.
[Fonte: Sciencedaily]
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