L’Alzheimer è una malattia neurodegenerativa attualmente senza cura. La ricerca è focalizzata sul tema nella speranza di poter trovare presto una terapia efficace contro la sua evoluzione. Ora uno studio coordinato dall’Università di Roma “La Sapienza” ha notato come la S- adenosilmetionina, nota per i suoi effetti antidepressivi, possa rallentare gli effetti della malattia sui neuroni, le cellule cerebrali.
Entrando nello specifico, il team di ricercatori italiano ha scoperto come la SAM (acronimo di S-adenosilmetionina, n.d.r.), molecola prodotta dal nostro organismo e nota per essere uno dei principi attivi base di farmaci antidepressivi e integratori alimentari, abbia le potenzialità di migliorare le capacità cognitive dei pazienti affetti da Morbo di Alzheimer.
La sperimentazione al momento è stata condotta solamente sul modello animale. Ma il successo ottenuto in tale fase in quanto a risultati, ha gettato delle ottime basi affinché si possa partire con una analoga protocollo volto a trovare una terapia efficace anche per l’essere umano. La ricerca è stata condotta dai ricercatori dei dipartimenti di Chirurgia e Psicologia, in collaborazione con il dipartimento di Biologia Cellulare e Neuroscienze dell’Istituto Superiore di Sanità, ed è stato pubblicato on-line sulla rivista internazionale di settore Neurobiology of Aging.
Il tutto è partito dallo studio della carenza di vitamine del gruppo B e e l’aumento dei livelli di omocisteina plasmatica: questi due fattori sono considerati da tempo di forte rischio ed associati all’Alzheimer. Nel corso delle loro analisi, gli scienziati hanno verificato come il mancato equilibrio di queste due sostanze causava nelle cavie utilizzate, dei topi, delle alterazioni nel metabolismo della S-adenosilmetionina. Ed hanno notato come la somministrazione di S-adenosilmetionina annullava il peggioramento indotto dalla carenza di vitamine B e dall’aumento di omocisteina.
Spiega Andrea Fuso, del team di ricercatori:
La nostra speranza è che questo studio possa ulteriormente evolvere in un trial clinico per testare l’efficacia della S-adenosilmetionina nei pazienti; i dati ottenuti nel modello animale devono ovviamente essere verificati nell’uomo ma offrono una solidissima indicazione in questo senso.
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Fonte: Neurobiology of Aging