La malattia di Huntington è una patologia neurodegenerativa che colpisce i neuroni del sistema extrapiramidale. Rientrante nella famiglia delle “sindromi ipercinetiche”, essa provoca movimenti incontrollati, disturbi emotivi e la perdita delle capacità cognitive. Una nuova terapia basata sull’impianto di un dispositivo intracranico sembrerebbe promettere notevoli miglioramenti per la vita dei malati.
Già in passato diversi studi avevano dimostrato che i fattori neurotrofici, proteine in grado di favorire lo sviluppo e la sopravvivenza dei neuroni, potevano rappresentare una terapia valida al fine di tenere sotto controllo la sintomatologia della malattia di Huntington e la sua progressione. Il problema era riuscire a colpire con questi protidi direttamente i neuroni assicurando una terapia omogenea e funzionale. Il problema sembra essere stato risolto dai ricercatori dell’NsGene A/S di Ballerup, i quali sono riusciti ad impiantare un dispositivo per inserire un fattore neurotrofico appositamente sviluppato per combattere questa patologia direttamente nel cervello.
Questo strumento per ora è stato studiato solo su modello animale in laboratorio, ma i risultati si sono rivelati sorprendenti nella loro efficacia. Nello studio pubblicato sulla rivista di settore “Restorative Neurology and Neuroscience”, viene ricostruito come gli scienziati guidati da Jens Tornøe siano stati in grado di portare a termine l’impianto del dispositivo “Encapsulated Cell (CE) biodelivery”, una piattaforma che impiega le tradizionali procedure neurochirurgiche mini-invasive per indirizzare le strutture cerebrali profonde attraverso le proteine terapeutiche.
Commenta il coordinatore della ricerca:
Il nostro studio fornisce un grande apporto alle sempre crescenti scoperte nell’ambito della preclinica e della clinica dei dati, proponendo il biodelivery CE come un promettente metodo terapeutico. Il CE unisce i vantaggi della terapia genica con la consolidata sicurezza di un impianto recuperabile.
Lo strumento messo a punto dagli scienziati è praticamente un micro-catetere ottenuto “incapsulando un ponteggio in una membrana a fibra cava”. Quest’ultima fornisce alle cellule una superficie alle sopra alle quali può attecchire il fattore neurotrofico messo a punto facendo in modo tale che una volta impiantato, il catetere stesso consenta al protide in questione di “uscire” dal dispositivo e raggiungere il cervello.
Fonte | RNN
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