Avete mai sentito parlare della “Stevia“? Certo che no, l’Unione Europea non lo permette. La stevia è una pianta che cresce nella foresta amazzonica da cui si ricava un dolcificante, una sorta di zucchero, dal sapore praticamente identico, ma completamente privo di calorie. L’ideale per i golosi che ci tengono alla linea.
Dopo anni di battaglie, 2 settimane fa la Food and Drug Administration, la Commissione che analizza i prodotti alimentari negli Stati Uniti, ha concesso la commercializzazione del dolcificante proveniente dalla stevia. Dopo 9 anni di battaglie, la stessa autorizzazione non arriva dall’Unione Europea. Eppure è un peccato, perché in un periodo in cui l’obesità, soprattutto infantile, è in aumento, un dolcificante che non fa ingrassare servirebbe tantissimo.
Ufficialmente l’autorizzazione alla commercializzazione in Europa è chiusa in un cassetto perché ancora non sono stati completati tutti i test sanitari. Era rimasto tutto bloccato perché alcune analisi sostenevano che questa pianta fosse in qualche modo responsabile di alcuni casi di cancro. Ma le controanalisi hanno smentito tutto. Infatti gli indigeni Guarani utilizzano ancora oggi questa pianta, e sono ancora lì da secoli. Secondo Il professor Jan Geuns, biologo dell’Università di Lovanio e presidente dell’associazione che si batte per la vendita della Stevia in Europa:
“La commissione europea continua a metterci i bastoni fra le ruote perché è condizionata dalle lobby dello zucchero”.
Una dichiarazione molto dura ma che probabilmente non si sbaglia di molto. Certo, adesso l’Unione Europea sarà chiamata ad un esame molto probante. Infatti, dopo che per tanti anni si è fatto circolare questa pianta illegalmente in Europa, ufficialmente come ornamento, tra un pò arriverà in forma legalissima come dolcificante per Coca Cola e Pepsi, che dopo l’autorizzazione del 18 dicembre, è già entrata nella loro produzione. Nel frattempo la Svizzera ha già autorizzato la sua commercializzazione, e così Bruxelles rimane sempre più isolata di fronte a posizioni retrograde.
[Fonte: Repubblica]