Una ragazza cilena è salita agli “onori” delle cronache in questi giorni per via di un problema di salute molto grave. E’ affetta da emolacria, ovvero piange lacrime di sangue. Una patologia di cui sono noti, compreso il suo, solo quattro casi e per la quale al momento una cura non esiste.
Di lei si è saputo grazie all’accorato appello televisivo del padre. Tutto per la giovane Yaritza Oliva, è cominciato all’inizio di giugno, quando i primi sintomi hanno iniziato a manifestarsi. Lacrime di sangue, dolore fortissimo agli occhi ed un bruciore molto difficile da far passare. La superstizione lega le lacrime di sangue a manifestazioni religiose, ma come ha spiegato il prof. Alejandro Luz, oftalmologo della Clinica Las Condes di Santiago che, dopo avere esaminato il caso della giovane, il problema della ragazza è a metà tra l’oftalmico e l’ematologico. Secondo l’esperto infatti, che ha escluso che si tratti di una qualsiasi forma di congiuntivite sia batterica che virale (come inizialmente pensato dalla ragazza e dalla famiglia, N.d.R.), la vera causa potrebbe essere legata ad un problema di emofilia, ad alterazioni delle piastrine o dall’uso di farmaci.
Yaritza perde lacrime di sangue più volte al giorno e soffre di dolori indicibili quando accade. A breve verrà visitata, grazie all’appello televisivo del padre, da esperti in oftalmica che tenteranno di effettuare una diagnosi. La sua condizione al momento può infatti contare come vi abbiamo indicato solo su una serie di ipotesi. Quello dell’emolacria però non è l’unico problema di salute della ragazza: essa soffre infatti anche di una sindrome che le causa frequenti dislocazioni articolari ai polsi e alle caviglie, impedendole in alcuni la deambulazione e l’uso delle mani.
Sebbene molto rara, l’emolacria è un problema che viene legato a diverse patologie, tra i quali il tumore dell’apparato lacrimale, infezioni, traumi. Secondo alcuni professionisti può essere addirittura legata all’inquinamento o ad uno squilibrio ormonale. Quel che è al momento certo è che anche per gli altri tre casi, due ragazze indiane e un ragazzo americano di 15 anni, non sia stata ottenuta ancora una diagnosi certa.
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