Modifiche degli usi e dei costumi, delle abitudini quotidiane. Del senso estetico. I cambiamenti rapidi, anzi rapidissimi, a cui assistiamo nella nostra società, si riflettono anche nell’ambito della chirurgia estetica: sulla scia di Stati Uniti e Brasile, si registra una crescita delle richieste degli interventi di gluteoplastica, mentre, in controtendenza rispetto al decennio passato, le donne sembrano aver accantonato l’idea di un seno “extra” e richiedono oggi al chirurgo un seno florido e dall’aspetto più naturale.
Secondo i dati pubblicati da una delle aziende leader del settore sanitario, la californiana Allergan, dal 2010 ad oggi oltre la metà delle pazienti della chirurgia plastica – i dati parlano di circa il 54% del totale – hanno ricevuto impianti tra 100 e 200 grammi (fino alla terza taglia di reggiseno scarsa, in relazione alla corporatura). Il 33% sono arrivate fino a tre etti, il 10% quattro, il 2% cinque etti, appena l’1% a sei etti.
A conferma di quanto osservato negli studi medici, risulta che le maxi protesi sono in tutto il 3% del totale.
Intervistiamo il Prof. Mario Dini, chirurgo plastico estetico a Firenze sulla mastoplastica additiva e su una nuova tecnica che deriva dalla tecnologia aerospaziale e che potrebbe risolvere definitivamente i problemi creati da protesi mammarie troppo pesanti.
“Come ben sappiamo, l’aumento del volume del seno, o mastoplastica additiva, è un intervento chirurgico ormai eseguito da decenni ed è, a tutt’oggi, uno degli interventi maggiormente eseguiti al mondo nell’ambito della chirurgia estetica.
Mentre la soddisfazione complessiva delle pazienti operate è molto alta, gli effetti collaterali a lungo termine che, in alcuni casi, si possono manifestare sono:
– l’atrofia del tessuto mammario, avvenimento che si verifica normalmente dopo la menopausa e che consiste in una riduzione del tessuto mammario;
– la ptosi mammaria, ossia il cedimento della mammella e il suo spostamento verso il basso;
– la discesa del solco sottomammario, vale a dire il cedimento completo della mammella verso il basso.
La maggiore causa che determina questi eventi è sicuramente il peso e il carico delle protesi mammarie”.
Quando il peso delle protesi è superiore alla capacità elastica del tessuto mammario, si possono determinare a carico dei tessuti degli stretching eccessivi che sono direttamente proporzionali alla massa introdotta.
Quindi, contrariamente ai dogmi del passato, il peso dell’impianto, piuttosto che il suo volume, sta alla base della deformazione dei tessuti mammari e della futura deformazione.
Un nuovissimo impianto mammario tecnologico e molto leggero è stato sviluppato da ingegneri israeliani che hanno utilizzato, per la sua progettazione, materiali di norma utilizzati per la realizzazione di componenti aereospaziali: Lo scopo ultimo è quello di risolvere gli inconvenienti delle protesi mammarie tradizionali.
Le protesi mammarie B-Lite, così si chiamano gli impianti leggeri progettati dall’azienda di Haifa G&G Biotecnologia Ltd, consentono una riduzione di peso dell’impianto fino al 30%, mantengono integro il tessuto mammario nel tempo e grantiscono, comunque, le dimensioni, la forma e la funzione delle protesi mammarie tradizionali.
Il dispositivo ha il marchio CE e può essere efficacemente impiantato utilizzando le normali tecniche di mastoplastica additiva.
In sintesi le protesi mammarie leggere permettono di ridurre i danni da compressione del tessuto mammario e la deformazione e quindi un possibile successivo reintervento, migliorando ulteriormente la sicurezza e la soddisfazione delle pazienti.