Verranno presentati tra qualche giorno in Canada, in occasione del 68° incontro annuale dell’American Academy of Neurology (AAN) i dati relativi all’efficacia dei trattamenti clinici più diffusi ed in fase di sviluppo contro la sclerosi multipla.
Verranno quindi presi in considerazione tra i tanti sia il medicinale orale più utilizzato al mondo come trattamento per la malattia, ovvero il dimetilfumarato, sia il natalizumab e lo sperimentale daclizumab HYP. La sclerosi multipla, lo ricordiamo, è una malattia neuro-degenerativa che attacca il sistema nervoso centrale. Per molto tempo si è creduto fosse legata solamente alla sostanza bianca: recenti studi hanno sottolineato il coinvolgimento della sostanza grigia. Nello specifico il danno è a carico di diverse parti del sistema nervoso consistente nella perdita di mielina e nella formazione di lesioni definite “placche”.
A presentare i dati aggiornati sui farmaci impiegati per la patologia ci penserà la casa farmaceutica che ha messo a punto questi farmaci, la Biogen, che sottolinea:
La sclerosi multipla è una patologia cronica complessa che colpisce ogni paziente in modo diverso. Le persone affette da questa malattia hanno esigenze terapeutiche differenti e pertanto è fondamentale fornire loro un’ampia varietà di opzioni di trattamento, offrendo oltre alla massima efficacia e a meccanismi d’azione diversificati anche la flessibilità necessaria per effettuare la transizione a un’altra terapia, ove opportuno.
Ecco quindi un’anticipazione dei dati forniti:
- Dimetilfumarato: è ancora il farmaco più efficace nella lotta alla malattia sul lung periodo. Sia nei pazienti con diagnosi recente della patologia, sia in coloro che hanno cambiato terapia nella sua fase iniziale. Il trattamento precoce con dimetilfumarato viene associato all’ottenimento di risultati duraturi.
- Natalizumab: utilizzato da 10 anni ormai dimostra ancora una forte efficacia sul lungo termine, soprattutto se utilizzato immediatamente dopo la diagnosi nelle prime fasi della malattia.
- Daclizumab HYP : in fase ancora sperimentale. Il suo meccanismo di azione non causa la deplezione generale delle cellule immunitarie e i suoi effetti sulla conta linfocitaria sono reversibili entro 8-12 settimane dalla sua interruzione.
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