La perdita di memoria a breve termine potrebbe essere un’avvisaglia del morbo di Alzheimer. A sostenerlo, è un nuovo studio condotto da un gruppo di ricercatori spagnoli del Centro de Investigation Biomedica en Red de Salud Mental, a Barcellona, e pubblicato sulla rivista “Archives of General Psychiatry”.
Il team di esperti, guidati dal dottor Gomar, ha preso in esame 517 persone, divise in 3 gruppi. 116 soggetti erano affetti da decadimento cognitivo lieve e avevano sviluppato il morbo di Alzheimer entro 2 anni, 204 soggetti erano nella stessa condizione di salute, ma non avevano sviluppato la malattia, mentre 197 soggetti non presentavano problemi di tipo cognitivo. I ricercatori, in questo modo, hanno voluto verificare come la perdita di memoria a breve termine potesse rappresentare un fattore predittivo della malattia e dello sviluppo/progressione del declino cognitivo.
I partecipanti allo studio, sono stati sottoposti ad una serie di test e di esami, tra cui misure cognitive e biomarcatori. I risultati ottenuti, hanno dimostrato come i marcatori cognitivi fossero in grado di predire la varianza quasi nel 50% dei casi. La lieve alterazione cognitiva all’inizio dello studio, è risultato un fattore predittivo più marcato dell’Alzheimer rispetto alla gran parte dei biomarcatori. I ricercatori, perciò, invitano a prestare maggiore attenzione a quelle che vengono definite semplici perdite di memoria a breve termine.
La memoria a breve termine, anche chiamata memoria attiva o primaria è quella parte di memoria in grado di conservare una piccola quantità di informazioni per una durata di circa 20 secondi. Di solito, viene contrapposta alla memoria a lungo termine, che è, invece, capace di immagazzinare una mole di dati tale da essere potenzialmente infinita. Nella memoria temporanea si verifica un deterioramento piuttosto rapido delle informazioni, infatti, solo la ripetizione o il trasferimento nella memoria a lungo termine ne garantiscono la conservazione.
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