Una vecchia canzone diceva “chi non lavora non fa l’amore”. Ora si potrebbe aggiungere anche che chi non lavora campa di meno. Da sempre la scienza cerca il segreto della longevità, ed ha individuato diversi fattori che potrebbero favorirla come un carattere ottimista, il matrimonio, oltre che le pratiche di buon senso come evitare di fumare e seguire una dieta sana. Ora gli studiosi dell’Università della California di Riverside hanno aggiunto un nuovo fattore di longevità: il lavoro.
I risultati provengono da uno studio senza precedenti effettuato su 1.528 bambini considerati dotati seguiti dai primi anni del 1920 fino alla loro morte. I risultati sono stati pubblicati in un nuovo libro, “Il progetto longevità: scoperte sorprendenti per la salute e una lunga vita dal nostro studio in otto decadi” (Hudson Street Press, Marzo 2011).
Tra i fattori importanti ci sono la coscienza, la prudenza, l’ottimismo, il matrimonio, che però pare allunghi la vita agli uomini, ma fa poca differenza per le donne, e i legami sociali. Ma ciò che c’è di nuovo è che chi lavora duro per tanti anni, magari facendo carriera ed assumendosi maggiori responsabilità, ha maggiori probabilità di vivere a lungo una vita sana.
I bambini reclutati per lo studio sono stati identificati dai loro insegnanti come i più brillanti studenti nelle loro classi durante il 1920. A quel tempo, il professore di Stanford Lewis Terman ha voluto studiare se l’intelligenza poteva portare ad avere successo più tardi nella vita. Così ha misurato i tratti della personalità dei bambini, ha registrato le informazioni biografiche e demografiche, e li ha seguiti per tutta la vita. Per la cronaca, i ragazzi hanno mostrato notevoli varietà di successo nella vita adulta, con diverse tipologie di carriere intraprese. Ad esempio c’è chi ha fatto il giornalista, chi il fisico atomico, ma anche chi il camionista o il segretario.
I dati, dopo la morte di Terman, sono passati ai suoi “successori” dell’Università, fino a quando i bambini prodigio non sono tutti morti ed è stato possibile tirare le conclusioni. La grande sorpresa è stata che la personalità e il carattere sono stati in grado di prevedere la salute e la longevità attraverso i decenni, ha spiegato l’ultimo “erede” di questa catena, lo psicologo Howard S. Friedman. La serietà, la prudenza e l’evitare rischi hanno portato a rapporti stabili, sfociati poi in salute, felicità e longevità.
Lo status socio-economico è importante, ma quello che abbiamo notato è che probabilmente sono la persistenza, l’affidabilità e i buoni legami sociali che realmente favoriscono la salute.
In molti casi, ha detto Friedman, i partecipanti hanno fatto la loro fortuna proprio grazie ad una personalità responsabile che li ha aiutati ad evitare pericoli casuali. Ad esempio questa generazione ha superato la Seconda Guerra Mondiale, ed in quel caso la mancanza di impulsività ha letteralmente salvato la vita a molti di loro. I ricercatori hanno anche scoperto che il matrimonio e il divorzio hanno avuto poco effetto sulla durata della vita delle donne, ma i single non erano longevi come gli sposati. Gli uomini sposati potevano vivere mediamente ben oltre i 70 anni, ma meno di un terzo dei uomini divorziati raggiungeva quell’età. Gli uomini che non si sono mai sposati invece vivevano più a lungo dei divorziati, ma meno degli sposati.
La ragione sta nel fatto che, con il divorzio, gli uomini perdono un importante sostegno sociale, che ha dimostrato di essere importante per la salute e la felicità. Alcuni hanno sviluppato tratti di personalità “femminile”, e questi sono riusciti a sopravvivere di più dei single troppo chiusi in se stessi. Allo stesso modo, le donne più femminili sopravvivevano di più delle donne più mascoline. Infine, anche gli animali domestici possono portare la felicità come sostituti degli amici, in termini di miglioramento della salute e del benessere.
In definitiva, tornando al discorso del lavoro, gli scienziati possono concludere che le personalità più dedite al lavoro potevano ridurre il rischio di morte precoce del 20-30%, ed anche se un bambino è un po’ discolo, non è detto che debba morire per forza giovane. Secondo Friedman si può cambiare, ed un mutamento del carattere più in là nella vita può sempre giovare alla salute.
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[Fonte: Livescience]