Volete evitare di avere dei bambini aggressivi e degli adulti altrettanto molesti? Evitate di sculacciarli. Un nuovo studio condotto dalla Columbia University di New York ha ribadito l’influenza delle punizioni corporali sulla psiche dei bambini e sul loro successivo sviluppo emozionale.
In alcuni paesi si è tentato di introdurre l’illegalità delle sculacciate ai bambini. Sapevate che in Italia questa legge esiste e si trova nel codice penale? Detto questo, è evidente che le sculacciate possano far male al bambino fisicamente, ma altrettanto chiaro appare che le stesse possano portare delle ripercussioni psicologiche sul minore. Quella condotta dalla Columbia Univerisity non è la prima ricerca in tal senso che sottolinea questo concetto. Già nel 2009 con uno studio sui bambini aggressivi si era giunti a considerare pericolose le punizioni corporali, anche quelle più leggere come una sculacciata. I bambini sottoposti a questo tipo di punizioni hanno sempre mostrato un rischio tre volte più alto rispetto agli altri di sviluppare comportamenti anti-sociali, ed in aggiunta, risultati meno positivi nei test sulle capacità cognitive.
L’ateneo di New York ha confermato i dati racconti negli ultimi studi sul tema. Analizzando un campione di 1900 minori in venti differenti città americane nati tra il 1998 ed ul 2000,gli scienziati hanno scoperto che coloro che erano stati sculacciati da piccoli, in età scolastica si sono rivelati essere dei bambini aggressivi più della norma, con l’aggiunta di difficoltà verbali. Non bisogna incorrere nell’errore di non considerare tutto questo un problema. Le analisi raccolte ci dimostrano che lo è in realtà a tal punto da spingere una associazione come Save The Children ad interessarsi al fenomeno.
Ed attenzione, non parliamo di una iniziativa nata dall’altra parte dell’oceano ma nel nostro paese dove è stata lanciata, insieme ai pediatri italiani la campagna “A mani ferme”, a favore della genitorialità positiva con tanto di guida pubblicata online. Lo studio statunitense, ad ogni modo, è apparso sulla rivista di settore Pediatrics.
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