Si è sempre considerata la Sindrome da deficit dell’attenzione (comunemente nota sotto l’acronimo ADHD, N.d.R.) come una singola patologia: ora la ricerca ci spiega di come si tratti di un disturbo creato da una famiglia intera di patologie. Un esempio calzante? E’ come se si parlasse dei diversi sottotipi di tumore che colpiscono gli uomini. Lo rivela uno studio condotto dall’Oregon Health & Science University, pubblicato sulla rivista di settore Pnas, Proceedings of the National Academy of Sciences.
I ricercatori dell’ateneo statunitense hanno individuato, nel corso della loro sperimentazione, differenti tipologie di questa malattia, ognuna corredata da effetti diversi. Una scoperta che sottolinea quanto sia necessario superare l’attuale trattamento della patologia alla ricerca di nuovi metodi di approccio al fine di migliorare non solo il trattamento stesso della malattia ma anche la sua prognosi e la sua diagnosi.
Spiega il coordinatore della ricerca Damien Fair, docente di neuroscienze comportamentali:
Tradizionalmente, i medici e gli psicologi hanno diagnosticato i pazienti attraverso l’uso del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, comunemente noto come DSM, ma il problema con quest’approccio è che ci si basa su osservazioni secondarie dei genitori o degli insegnanti. In questo modo comportamenti simili dettati da ragioni diverse vengono impropriamente confusi.
Al fine di comprendere meglio le variazioni del deficit di attenzione, gli scienziati hanno confrontato i risultati di test ottenuti (riguardanti differenti capacità cognitive, N.d.R.) analizzando dei bambini affetti dalla patologia, con quelli di un gruppo di controllo. Gli esami riguardavano la memoria, l’inibizione, la comprensione e l’attenzione.
Sottolinea il ricercatore:
Sapevamo da tempo che vi fosse un’ampia variabilità delle prestazioni sia nel gruppo ADHD sia nel gruppo di controllo ma questa non è mai stata formalmente descritta.
L’analisi comparata ha confermato la tesi del gruppo di studio. Rendendo più specifici i test in base ai risultati ottenuti, sarà possibile determinate da quale “sottocategoria” di disturbo il bambino è colpito al fine di personalizzare diagnosi e terapia e ottenere quindi in tempi minori una prognosi favorevole.
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Fonte: Pnas