I pediatri italiani non usano i farmaci generici equivalenti sui bambini. O almeno quasi la metà di loro non lo fa. Sono i dati emersi da uno studio presentato all’ultimo congresso Nazionale della Società italiana di Pediatria e pubblicato sulla rivista di settore Health Policy.
A quanto pare tale comportamento sarebbe dettato dal differente dosaggio che intercorre tra il farmaco “di marca” e quello generico. Il presidente della Sip Giovanni Corsello spiega che nei medicinali equivalenti è consentito per legge inserire una concentrazione di principio attivo che può scostarsi circa del 20% rispetto a quella brevettata dalla casa farmaceutica. Una differenza irrilevante nell’adulto che assume il farmaco, ma che può essere importante se rapportato ad un bambino sia in quanto a sovra-dosaggio sia in merito ad una possibile inefficacia. Per la maggior parte dei pediatri, inoltre, quando si parla di farmaco generico entra in gioco anche la questione degli additivi e degli edulcoranti che servono per mantenere stabile e conservare il farmaco, ovvero ingredienti che possono differire rispetto al medicinale di marca e che possono causare al bambino delle reazioni allergiche.
Questo problema è in buona parte da imputare anche alle stesse case farmaceutiche che raramente “testano” i propri prodotti in età pediatrica, nonostante la norma inserita nel Regolamento Europeo sui farmaci che prevede di testare i farmaci anche sui più piccoli. Sul tema è intervenuta anche Assogenerici, come relatrice al congresso attraverso il suo presidente Michele Uda:
E’ un errore che si ripresenta ciclicamente ogni qual volta si parla di generico in Italia. Non intendiamo sottovalutare le preoccupazioni di una parte della pediatria italiana ma per segnalare eventuali casi di inefficacia o di tossicità esiste uno strumento, la rete di farmacovigilanza, che negli anni ha dato ottima prova di sé. Vi sono ormai tre biosimilari in commercio da anni, tra i quali l’ormone della crescita che vede i pazienti in età pediatrica come principali destinatari, ed utilizzati efficacemente da moltissimi operatori sanitari senza alcun problema ed anzi con risultati importanti in termini di garanzia di accesso alle cure e razionalizzazione delle risorse. Per non perdere la sfida dei biosimilari serve un approccio rigoroso, clinico, scientifico e soprattutto privo di pregiudizi.
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