Un studio condotto negli Stati Uniti in merito alla mortalità neonatale per parto rischia di instillare il dubbio: ma il termine canonico in settimane per partorire è davvero valido per tutte? Siamo sicuri che questo periodo di tempo vada davvero bene?
La materia della ricerca condotta da Alicia Mandujano e dai suoi colleghi del MetroHealth Medical Center – Case Western Reserve University di Cleveland rischia davvero di aprire la strada ad un nuovo modo di approcciarsi con la gravidanza ed il suo termine per evitare il rischio di morte fetale o neonatale. Secondo gli scienziati americani il conteggio delle settimane di gravidanza per considerare quest’ultima a termine deve essere effettuato in base ai dati ormonali ed eventualmente patologici relativi alla paziente e non sulla base di ciò che finora era stato considerato canonico.
Lo studio, pubblicato sulla rivista di settore American Journal of Obstetrics & Gynecology è partito da una considerazione molto precisa: secondo i dati raccolti in merito, nei parti tra le 37 -38 settimane, il numero di bambini nati morti era più alto rispetto a quello delle morti neonatali e dei bambini prematuri. Per comprendere meglio il fenomeno, i ricercatori si sono basati sui dati estrapolati dal National Center for Health Statistics statunitense ed hanno confrontato il rischio di morte fetale con quello neonatale per ogni settimana di gestazione. I risultati hanno mostrato che tenere conto di ogni singolo aspetto e calcolare il termine in ogni singolo caso in base alle condizioni avrebbe potuto evitare la morte dei bambini. Commentano gli scienziati in una nota:
I dati riportati nel presente documento suggeriscono che il “momento ottimale per il parto” non è necessariamente lo stesso per tutte e, come spesso accade nella pratica della medicina, gli operatori devono individuare l’approccio specifico per ogni singola paziente.
Voi cosa ne pensate? Si potrebbe davvero abbattere la mortalità fetale e neonatale con calcoli più accurati?
Fonte | AJOG
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