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Invecchiamento? Dipende dal cervello

Invecchiamento? E’ tutta colpa del cervello, o meglio di una proteina contenuta nell’ipotalamo. Sarebbe questa la scoperta davvero particolare, di uno studio condotto negli Stati Uniti, dagli scienziati dell’Albert Einstein College of Medicine di New York e pubblicato dalla rivista di settore Nature.

Pensate un attimo alle possibili implicazioni di questa scoperta una volta applicata all’essere umano. Se in parte dipende dall’ipotalamo e dalla proteina NF-KB la nostra “data di scadenza”, agendo su di esso si potrebbe in qualche modo “conquistare” un po’ di vita in più. Certo, è ovvio che si parla di campi totalmente ipotetici, almeno per ora. Lo studio è infatti stato condotto solo su modello animale.

Nei topi utilizzati per la sperimentazione i ricercatori statunitensi sono stati in grado di allungare la vita della cavie fino al 20% in più, senza lo sviluppo delle patologie correlate alla vecchiaia. E’ stato possibile verificare come nell’ipotalamo dei topi con il passare dei giorni i livelli di della proteina sopra indicata crescessero. Una volta bloccata la produzione della stessa, i topi hanno vissuto mediamente più di 1100 giorni, contro una media (non modificata) naturale di circa 900-1000 nei casi di maggiore longevità. Nei topi nei quali è stata al contrario incoraggiata la produzione, la vita media è apparsa più breve e mai non oltre i novecento giorni.

Questo porterebbe a pensare che anche l’invecchiamento, almeno in parte, sia gestito dal cervello. Ma la questione deve essere analizzata con maggiore chiarezza. Perché questo particolare protide dell’ipotalamo è tanto importante? E’ presto detto: ha il pregio di abbassare i livelli di un ormone dal ruolo molto importante per la fertilità. E quindi, sebbene si possano aprire diverse strade per combattere il passare degli anni bisogna fare attenzione e comprendere quali sarebbero gli effetti sull’essere umano dell’interferenza con l’ormone.

Forse dovremmo semplicemente accontentarci di vivere gli anni che ci spettano: che ne dite?

Fonte | Nature

Photo Credit | Thinkstock