Nell’ambito del Congresso nazionale sull’AIDS, che si tiene in questi giorni a Torino, è emerso un primato tutto italiano sulla cura con gli antiretrovirali. Secondo uno studio internazionale presentato al CROI (Conference on Retrovirusis and Opportunistic Infections) di Atlanta, infatti, l’aspettativa di vita in Italia per un paziente con Hiv, regolarmente in terapia, è la più alta rispetto al resto del mondo.
Come ha spiegato il professor Giovanni Di Perri, presidente del Congresso e consigliere della Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali, in Europa la differenza con l’Italia non è così rilevante, mentre con l’America lo scarto è sorprendente. Secondo l’esperto ad essere cambiati in positivo sono anche i costumi sociali legati alla malattia. Se negli anni ’80 l’Hiv si trasmetteva soprattutto a causa dello scambio di siringhe infette, oggi la stragrande maggioranza delle nuove infezioni deriva da rapporti sessuali non protetti.
Durante il congresso si è parlato molto anche della terapia antiretrovirale precoce, che apporta un notevole cambiamento nel quotidiano del paziente, sia da un punto di vista economico, che in termini di qualità della vita. Gli antiretrovirali, infatti, agiscono in due sensi: da un lato sono in grado di bloccare la moltiplicazione del virus Hiv, dall’altro ripristinano le difese immunitarie. Grazie a questa cura i pazienti non soltanto vivono più a lungo, ma anche meglio.
Gli esperti, inoltre, parleranno anche di come ridurre lo stato di attivazione continua del sistema immunitario con terapie combinate, di minore tossicità e di più facile somministrazione. Come ha spiegato il professore Di Perri:
Da una parte la ricerca industriale porta a nuove soluzioni farmaceutiche più tollerate e più comode da assumere, come ad esempio la disponibilità di una singola compressa contenente tre farmaci, e quindi l’intera terapia da assumere solo una volta al giorno. Dall’altra numerosi ricercatori clinici stanno perseguendo strategie di induzione-mantenimento, caratterizzate da un inizio di terapia regolare con tre farmaci e successivamente, una volta ottenuto un certo grado di beneficio iniziale, dalla prosecuzione con due o addirittura un solo farmaco in modo da alleggerire l’impegno terapeutico del paziente, l’eventuale tossicità a lungo termine della terapia e quindi anche riducendo i costi della stessa.
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