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Infarto: una camminata a passo veloce riduce il rischio di ricadute

 Contro le ricadute da infarto una bella camminata veloce aiuta come un farmaco. Questo il risultato emerso della ricerca italiana chiamata ICAROS (Italian survey on CArdiac RehabilitatiOn and Secondary prevention after cardiac revascularization). Lo studio condotto su 1440 pazienti ha dimostrato che camminare velocemente, come quando si sta facendo tardi a un appuntamento, per una mezz’oretta e una frequenza di 4-5 volte a settimana, abbatterebbe del 25% il rischio di ricadute da infarto.

Questi risultati sono stati resi noti al convegno dell’ ANMCO (Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri) che si è svolto a Firenze tra l’11 e il 14 maggio. Il problema principale deriva dal fatto che, chi è stato colpito da una crisi cardiaca, o meglio da un infarto, non cambia sufficientemente il proprio stile di vita, che in teoria dovrebbe essere scandito da una maggiore tranquillità, una sana alimentazione povera di sale e una vita meno sedentaria. Una camminata “salva cuore”, invece, potrebbe venire incontro ai pazienti che vogliono riprendere una vita normale al costo di un piccolo impegno fisico, che aiuta inoltre a mantenersi in forma non solo nel corpo ma anche nello spirito. Questa “nuova cura” a base di chilometri sembra essere anche un ottimo antidepressivo contro quel senso di fragilità cui spesso si cade quando la salute viene intaccata da questi eventi traumatici. Ulteriori studi, già condotti, hanno evidenziato come, dopo un infarto, l’esercizio fisico abbia un effetto notevole in termini di beneficio e di rapida ripresa, mettendo da parte quello scetticismo, quasi diventato un luogo comune, che vuole relegare a un riposo troppo forzato i pazienti con trascorse crisi cardiache. Una cura e una filosofia in linea con quanto prescritto dal protocollo dell’OMS che riguarda la riabilitazione e che contempla un’assistenza multifattoriale al fine di favorire una stabilità clinica per una ripresa totale non solo fisica ma anche sociale riducendo il rischio di successivi eventi cardiovascolari.

[Fonte: PubMed]