Per quanto riguarda le terapie fisiche, si sono dimostrati utili soltanto i campi elettromagnetici pulsanti, anche se altri tipi di fisiocinesiterapia possono comunque aiutare l’articolazione nel migliorare il movimento e la componente infiammatoria. Inoltre, soprattutto per quanto riguarda il ginocchio, è importante mantenere il tonotrofismo dei muscoli dell’arto inferiore, con una ginnastica di tipo isometrico, senza sovraccaricare l’articolazione stessa. Esistono inoltre dei tutori per il ginocchio e dei plantari che possono correggere parzialmente l’asse articolare e scaricare il compartimento malato del ginocchio con miglioramento dei sintomi.
Purtroppo, quelle qui sopra elencate, sono delle terapie che spesso si rivelano insufficienti nel tempo, soprattutto quando siamo di fronte ad un’artrosi di grado importante. In questo caso interviene la chirurgia. Parlando dell’artrosi degli arti inferiori, in particolar modo del ginocchio e dell’anca, questa consiste prevalentemente di osteotomie (correzione dell’asse del ginocchio) nei soggetti più giovani, o nell’impianto di protesi articolari nei soggetti al di sopra dei 60 anni.
Le lesioni cartilaginee si verificano per eventi traumatici, in soggetti spesso giovani, che non soffrono di problemi di degenerazione cartilaginea. Parliamo soprattutto di ginocchio, ma anche di caviglia. In questi casi esiste tutta una serie di tecniche chirurgiche che ha lo scopo di fare guarire la lesione. In realtà, nessuna tecnica, attualmente, si è dimostrata capace di ridare all’area di lesione una cartilagine esattamente uguale a quella originaria, ma si stanno facendo passi avanti importanti e continui nella ricerca in questo campo. Microfratture: le microfratture vengono effettuate in artroscopia, e consistono nel perforare l’osso subcondrale, cioè l’osso che si trova subito al di sotto dello strato cartilagineo dell’articolazione, al fine di farlo sanguinare.
In pratica, questo sanguinamento indotto è uno stimolo all’osso a produrre una fibrocartilagine che ricopre la zona danneggiata. Si forma una cartilagine non del tutto uguale a quella originaria, ma che ha buoni risultati nel ridurre la sintomatologia dolorosa. Bisogna altresì sottolineare che tale tessuto neoformato non ha le stesse proprietà di resistenza della cartilagine ialina (cioè quella vera) e il suo effetto sul dolore spesso è temporaneo. Ma sono descritti buoni risultati anche a due anni di distanza.
I risultati sono in parte dipendenti anche dalla grandezza della lesione (in quelle piccole i risultati sono migliori). Innesti osteocondrali (mosaicoplastica): si tratta di una tecnica con la quale si prelevano dei piccoli cilindri di osso e cartilagine da un’area del ginocchio che è meno sottoposto al carico e si trasferiscono nell’area di lesione. Sono utilizzati per lesioni profonde e circoscritte e danno buoni risultati. Nelle lesioni ampie si dovrebbe prelevare troppo tessuto stesso ginocchio, con il rischio di provocare una sintomatologia dolorosa nella zona di prelievo.
Trapianto di condrociti: è procedura piuttosto recente. Viene fatta con con diverse tecniche. In generale, la procedura consiste nel prelevare qualche cartilagine dal paziente in artroscopia (intervento brevissimo che permette un rapido recupero). Tali cellule si lasciano moltiplicare in laboratorio e, dopo un paio di mesi si reimpiantano nella zona di lesione. Per ora stanno avendo buoni risultati, ma necessitano di ulteriori studi.
Mayo Regen: è una nuova procedura che prevede l’utilizzo di uno “scaffold“, cioè un tessuto bioingegnerizzato, che va a coprire il difetto cartilagineo (deve essere un difetto a tutto spessore). Questa specie di “spugnetta” costituita da vari strati, uno strato più profondo, che imita l’osso (30% collageno equino, 70 idrossiapatite), uno strato intermedio (60% collageno, 40 idrossiapatite) e uno strato superficiale, che fa le veci della cartilagine (100% collageno).