Due persone sono morte per la Mers, la sindrome respiratoria del medio oriente, in Corea del Sud e sebbene a livello internazionale non sembra essere scattato nessun allarme, nel paese orientale la situazione si sta facendo preoccupante.
Sotto l’acronimo di Mers si nasconde un coronavirus molto aggressivo e letale nella maggior parte dei casi identificato per la prima volta nel 2012 in Arabia Saudita. Tre anni fa, nonostante l’allarmismo generale, i contagi si sono limitati al paese di origine senza ulteriori danni. In Corea, dalle notizie che giungono, la situazione si è fatta seria in poco tempo: l’allarme è scattato lo scorso 20 maggio ed al momento il Korean Centers for Disease Control and Prevention ha già confermato 35 contagi e la messa in quarantena di oltre 1400. Il paziente zero, in questo caso, è stato un uomo di 68 anni di ritorno da un viaggio nei paesi mediorientali.
Il virus della Mers essenzialmente assomiglia moltissimo a quello di una semplice influenza ed è caratterizzato da tosse e febbre e come tanti altri che riguardano le vie respiratorie si diffonde con delle piccole goccioline di saliva o altri fluidi che la persona diffonde quando tossisce o starnutisce.
Al momento l’Organizzazione mondiale della Sanità conferma che ad essere state contagiate sono tutte persone collegate al paziente zero: familiari, conoscenti, sanitari e pazienti del reparto dove l’uomo è stato ricoverato prima dell’arrivo della diagnosi e quindi venuti a contatto con lui senza che venissero le adeguate precauzioni come mascherina, uso di guanti e schermi di protezione. La Mers non risulta trasmissibile per via aerea: lo ripetiamo, deve esservi uno scambio di fluidi e per ciò che concerne un ospedale sono le stesse procedure di assistenza a risultare un potenziale pericolo. Dato i numeri finora registrati la maggiore paura delle autorità della Corea del Sud è quella che si possa raggiungere in breve tempo una diffusione molto estesa.
Per questo si sta pensando ad una chiusura preventiva delle scuole ed altre azioni di contenimento: quel che spaventa è che il coronavirus in questione, non potendo contare su vaccini o cure per la sua eliminazione, possa rivelarsi un osso duro da combattere con la sua mortalità pari al 36%.
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