Ictus e infarto: è in arrivo la polipillola. Si tratta di un medicinale in sperimentazione attraverso il quale si vorrebbero abbattere le possibilità di incorrere in queste gravi patologie.
Un sogno per tutti gli over 50 affetti da ipertensione che potrebbero vedere così migliorare in maniera sostanziale le proprie condizioni di vita.
La pillola dei miracoli nasce nel 2003 nella mente di due ricercatori, Nicolas Ward e Malcom Law, di stanza presso l’Istituto di medicina preventiva Wolfson della Queen Mary University di Londra. Sono stati loro due ad avere ipotizzato per primi la possibilità di ottenere una sola pillola, in grado di combattere le malattie cardiovascolari, composta da quattro dei più comuni farmaci utilizzati per abbattere il rischio di ictus ed infarto.
In un articolo pubblicato sul British Medical Journal nel lontano 2003, i due ricercatori stimarono di riuscire ad ottenere con la polipillola un abbattimento del rischio di infarto dell’88%, un decremento della possibilità di ictus pari all’80% e un allungamento della vita di oltre 10 anni. Era stato stimato inoltre in una percentuale del 8-15% l’intolleranza del farmaco nei malati, dove per intolleranza si vuole intendere la comparsa di effetti collaterali.
La sperimentazione, appena iniziata, verrà condotta su cento ultracinquantenni affetti da ipertensione. Durerà due anni: se alla fine di questo periodo i risultati ottenuti saranno positivi, il farmaco pillola potrebbe essere velocemente messo in commercio. Ed il prezzo dovrebbe risultare alla portata di tutti visto che, sottolineano i due scienziati, si tratterebbe di un farmaco generico. La polipillola attualmente in sperimentazione in Gran Bretagna prevede una dose di simvastatina (per il colesterolo), mezza dose di losartan e di amlodipina (contro l’ipertensione) e idroclorotiazide (diuretico, utilizzato per abbassare la pressione).
Sebbene una pillola di questa tipologia farebbe la felicità di molti pazienti sotto cura per ipertensione, un suo possibile utilizzo incontra scetticismo tra la maggior parte dei cardiologi. Specialmente perché utilizzata in un contesto nel quale non risulterebbe opportuna una massificazione della cura quanto una sua personalizzazione. Statisticamente parlando infatti, la terapia sarebbe adeguata solo per un terzo dei malati, mentre gli altri due terzi risulterebbero equamente suddivisi in sotto dosati e in sovra dosati.
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