In maniera divertente la chiamano “la frattura dell’amante” perché per secoli, quando gli uomini fuggivano dalle stanze delle donne con le quali si erano intrattenute all’insaputa del marito o della famiglia di lei, calandosi dalla finestra o dal tetto era proprio quella la parte del piede a risentire di più della caduta: parliamo della frattura del calcagno, della quale oggi esploreremo le cause principali, la sintomatologia e le possibili cure.
Dobbiamo partire dal fatto che si parla di una lesione di tipo ortopedico e spiegare cosa è il calcagno. Quest’ultimo è un osso posto nella parte più posteriore del piede: una sorta di guscio di osso più rigido, chiamato osso corticale, all’interno del quale è contenuto l’osso spongioso, più delicato. Si tratta di quella parte del piede chiamata a sostenere buona parte del peso corporeo della persona , partecipando attivamente alla formazione dell’arco plantare e ritagliandosi un posto di elemento necessario alla deambulazione.
La causa che più spesso si presenta alla base della frattura di questo elemento del piede è una caduta dall’alto. Se le ginocchia ed i muscoli non riescono ad ammortizzare bene la caduta (può essere un salto dal muro, una caduta da una scala, insomma, tutte azioni derivanti dal passaggio da una certa altezza al livello del suolo, n.d.r.) il trauma può essere abbastanza forte dia rompere il guscio osseo più esterno, rendendo quello spongioso non più in grado di sostenere la pressione dell’intero corpo.
Si tratta di lesioni molto difficili da curare, seppure non impossibili. Fattori di rischio, va ricordato, possono essere delle attività fisiche particolari e l’osteoporosi. Le conseguenze di una frattura del calcagno possono essere molte fastidiose. Tra le più gravi incontriamo la frattura di una vertebra (solitamente lombare) e la frattura del collo del piede. I sintomi sono molto facili da riconoscere: si manifesta infatti un dolore spontaneo e da palpazione al retriopiede, lividità fino alle zone vicine al malleolo e l’impossibilità al movimento del piede. La sua capacità di utilizzo diventa pressochè nulla.
La diagnosi avviene in seguito ad un esame radiologico e nei casi che lo richiedano di una tac. Se la frattura è composta basta utilizzare un gambaletto gessato o un tutore per circa 40 giorni cercando di evitare il carico totalmente. Vi è necessità di effettuare poi una buona e lunga riabilitazione motoria. Se la frattura è scomposta è necessario intervenire chirurgicamente inserendo viti o placche per ottenere una ricostruzione dell’osso a seconda dei casi.
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Fonte: O.C.