Se ne sente parlare per settimane, nelle trasmissioni sportive, quando succede a un calciatore. La rottura del legamento crociato anteriore è sempre un grosso problema per i professionisti: l’intervento chirurgico, il riposo, la riabilitazione. Stare lontani dal prato verde amareggia i tifosi e rischia di scombussolare il campionato. Ma, a parte questi episodi, è uno di quegli argomenti di cui in genere non si trova traccia, anche se colpisce molte persone. Spiega Massimo Magi, chirurgo ortopedico, già primario dell’ospedale di Bormio e Sondalo
«Pensare che la rottura del legamento crociato anteriore sia appannaggio dei calciatori significa avere una visione distorta della realtà»
Perché nonostante i titoloni delle pagine sportive dei quotidiani del lunedì, a rischiare di più sono proprio i non professionisti, gli sportivi della domenica. Ed è anche meglio precisare che non è il calcio lo sport più pericoloso per il ginocchio, bensì lo sci. E la ragione è semplice: gli scarponi alti bloccano la caviglia, preservandola da traumi, ma a questo punto il ginocchio diventa la prima articolazione che assorbe gli urti.
«E quando gli attacchi non si staccano subito in seguito a una caduta, lo sci comporta come un braccio di ferro e il trauma si riversa tutto sul g nocchio»
All’interno del ginocchio ci sono due legamenti che tengono insieme tibia e femore, chiamato “crociati” perché si incrociano al centro dell’articolazione. Lo scopo è impedire il movimento avanti e indietro della tibia rispetto al femore, un fenomeno che medici chiamano traslazione anteriore e posteriore, garantendo così la stabilità dell’articolazione. Il legamento crociato anteriore deve sopportare moltissime sollecitazioni quando si corre e durante gli sport in generale. Quando si rompe, di solito a causa di un trauma da torsione oppure da iperestensione della gamba, è possibile anche non accorgersi di niente. Questo succede soprattutto a chi ha i muscoli della coscia, soprattutto i flessori, ben allenati.
«Ma in genere quando si lesiona il legamento si sente un crack all’altezza del ginocchio, dopodiché compare il gonfiore. A provocarlo è il siero e il sangue che fuoriescono dai vasi per accumularsi nell’articolazione»
Il dolore che insorge può variare per intensità a seconda anche di quanto liquido si accumula. Di solito basta il racconto di quello che è successo e di che cosa si è sentito perché il medico si renda subito conto che si tratta di una lesione al crociato anteriore. Spiega Magi
«Oltre alla radiografia e alla risonanza magnetica il vero esame che si fa per capire di che cosa si tratta è la manovra di Lachman. Il medico con una mano tiene la coscia e con l’altra la gamba: il paziente è sdraiato in posizione supina e deve avere i muscoli rilassati; quando non lo sono, magari per la paura dovuta al trauma, il test dà un esito sbagliato. Il medico poi solleva di poco la gamba: se la tibia si sposta “in avanti,” il legamento crociato anteriore è completamente rotto. Anche se molti riescono a camminare e addirittura a correre con il crociato anteriore lesionato è sempre meglio intervenire, perché il rischio che la situazione peggiori è alto»
Si può infatti innescare un processo evolutivo perché si modifica l’asse meccanico del ginocchio e si può sviluppare un’artrosi. In che che cosa consiste l’operazione?
«Oggi l’intervento si fa in artroscopia, cioè senza il bisogno di aprire completamente l’articolazione con il bisturi. Nella maggior parte dei casi si fa un prelievo autologo, cioè dal paziente stesso, di un tendine sano. Poi lo si posiziona all’interno della cavità del ginocchio e si fissa a femore e tibia. In seguito è fondamentale seguire programmi di riabilitazione precisi a partire dai giorni successivi all’intervento»